IL CAFFè SINTETICO SOSTITUIRà QUELLO NATURALE? ECCO QUALE PUò ESSERE IL FUTURO DELLA CLASSICA TAZZINA

«Godetevi il caffè la mattina, perché tra qualche anno potrebbe non esistere più». A lanciare l’allarme è il giornalista Christopher Mims sulle pagine del Wall Street Journal, testata che analizza dati statistici e tendenze di mercato: in futuro nelle nostre tazzine potremmo versare solo caffè sintetico, perché metà dei terreni attualmente destinati alle piantagioni di caffè rischiano di diventare inutilizzabili entro il 2050. I numeri, in effetti parlano chiaro: considerando che una singola pianta di arabica produce mediamente tra i 450 e i 900 grammi di caffè all’anno, significa che una persona che beve solo un caffè la mattina e un altro dopo pranzo (per un totale di due tazzine di caffè) necessita dell’intera produzione annuale di almeno venti piante, senza considerare le emissioni nocive della lavorazione. Come riportato dalla rivista Geography abd Environment, per produrre solo un chilo di caffè si immettono nell’atmosfera circa 16 chili di CO2. Un dato che bisogna moltiplicare, a sua volta, per i 95 milioni di caffè bevuti in Italia, a casa, al lavoro o al bar, che diventano 3,1 miliardi se si allarga la prospettiva sull’intero globo.

Le nuove strade del caffè

Di fronte a questa preoccupante prospettiva, alcune aziende stanno già esplorando le biotecnologie per sviluppare alternative al caffè naturale, che soddisfino il gusto dei consumatori, ma senza le vulnerabilità associate alle fluttuazioni climatiche e alla sostenibilità ambientale e sociale. Tra i primi a sperimentare un’alternativa al caffè c’è il VTT Technical Research Centre, in Finlandia, dove un team di ricercatori ha coltivato delle cellule vegetali ricavate da un campione di pianta del caffè, trasferendole poi in bioreattori (degli «acceleratori» di crescita) per generare ulteriore biomassa (un metodo che non richiede pesticidi e utilizza molto meno acqua rispetto all’agricoltura convenzionale). Dopo aver analizzato la biomassa risultante, gli studiosi hanno effettuato la tostatura in forno: secondo gli esperti, che hanno gustato per primi una tazza ricavata da questo caffè coltivato in vitro, il sapore della bevanda ricordava quello del classico caffè.

L’ambiente e il futuro

«Produrre in massa il caffè convenzionale incide negativamente sull’ambiente e implica lo sfruttamento del lavoro delle comunità locali» le parole di Heiko Rischer, del VVT. Con bioreattori da quasi 100.000 litri, come quelli di cui dispone il centro di ricerca, sarebbe possibile produrre questa nuova bevanda su larga scala: «Se il nostro caffè sintetico potesse soddisfare la richiesta di quello di qualità inferiore, gli agricoltori potrebbero limitarsi a offrire un prodotto di alta qualità. E guadagnerebbero di più». Singolare è il caso di Atomo Coffee, la startup di Seattle che ha individuato e catalogato, una a una, le molecole che conferiscono alla bevanda aroma, colore e sensazioni organolettiche e le ha sostituite in laboratorio con sostanze sostenibili di origine vegetale, con il 93% in meno di emissioni di carbonio e il 94% in meno di acqua utilizzata rispetto al caffè convenzionale. Il risultato? Una miscela di semi di dattero, semi di ramon, limone, proteine di pisello, fieno greco, guava, miglio, fruttosio, semi di girasole, bicarbonato di sodio e caffeina ricavata dal tè verde, che assomiglia in tutto e per tutto al caffè, ma con una sfumatura meno amara. Anche altre aziende come Voyage Foods, Minus Coffee, Prefer, Stem e Northern Wonder stanno battendo la stessa strada, con risultati via via sempre più soddisfacenti. «L’esperienza che otteniamo dal caffè – spiega Adam Maxwell, ceo di Voyager Foods - è in realtà guidata dal processo utilizzato per produrli», quindi più dalla tostatura che dal chicco.

Le reazioni

Tuttavia, la sfida rimane nell’accettazione da parte dei consumatori e nell’adattamento dei coltivatori tradizionali a queste nuove tecnologie. Convincere gli utenti finali che il caffè prodotto in laboratorio può essere tanto soddisfacente quanto quello coltivato nelle piantagioni non sarà semplice. Probabilmente, a persuadere il pubblico a dare una chance allo pseudo-caffè, ci penserà il costo stesso del caffè espresso, che ha già subito aumenti dei listini negli ultimi anni, come denuncia Assoutenti, secondo cui i rialzi delle quotazioni del caffè sui mercati internazionali rischiano già ora di avere ripercussioni dirette sulle tasche degli italiani. Leggi anche

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