LA FOOD INFLUENCER FIORELLA BREGLIA: «DALLA PASTIERA AL BENEDETTO, QUESTO MENU DI PASQUA è UN OMAGGIO ALLA MIA NAPOLI»

Ecco che arrivano i giorni più significativi, luminosi, amorevoli e accoglienti di tutto l’anno. La Santa Pasqua, tra le feste religiose e tradizionali, è senza dubbio la mia preferita. La rinascita, la primavera, le giornate che si allungano, la natura in risveglio, il germogliare e il cinguettare: tutto è poesia… Adoro questo periodo dell’anno. In cucina ogni cosa prende forme e colori diversi. Dopo la Quaresima, in un attimo ci immergiamo nelle tonde, perfette e coloratissime forme della Pasqua. Il mio percorso di rinascita inizia con l’approvvigionamento degli ingredienti più pregiati. Parto dalla ricerca delle uova migliori, le «uova d’oro», come mi piace chiamarle. Durante la Settimana santa sono solita percorrere tantissimi chilometri per trovare quelle più genuine e adatte. Le uova che colorano di «giallo sole» il mio casatiello, la mia pastiera e non soltanto. Compero, o a volte gentilmente mi regalano, almeno una cinquantina di uova perché vanno via subito tra pastiere, casatielli, il Benedetto, le mammarelle ’mbuttunate e le uova sode bianche da far colorare ai bambini. Ma veniamo alla tradizione di casa mia.

Fave e piselli freschi occupano sicuramente la seconda posizione nella lista degli ingredienti perfetti. Anche per il mio primo, pasta e piselli con spolverata di mandorle capresi, sono solita girare un bel po’ per i mercati, in modo da assicurarmi la qualità migliore e la quantità desiderata di questi legumi: più piccoli e teneri sono, più la mia pasta e piselli verrà «burrosa». Normalmente ne prendo dieci chili circa per ottenere più o meno tre chili di piselli netti. Siamo sempre tanti a Pasqua perché questa festa non è solo con la famiglia, ma anche con gli amici. Sento di aprire le mie braccia a più non posso. Accogliere, amare, inebriare la casa di forme e profumi e, anche se mi preparo sempre con quantità di cibo esorbitanti, non è mai troppo. Perché la cucina è il più grande collante del mondo e ovunque ci sia un fornello acceso, un canovaccio su di un recipiente pieno di impasto, ci sono profumi, ricordi, abbracci, condivisione e coccole.

La notte delle pastiere

La giornata in assoluto più densa in cucina è senza dubbio il Giovedì santo quando, per tradizione, dopo aver consumato la nostra coloritissima, gustosissima e abbondante zuppa di cozze con tanto di olio forte al peperoncino, sono solita preparare le mie pastiere per la Domenica santa. Dal 2020, sulla pagina Instagram @cucinoperamore, con i miei adorati Amini follower (personalissimi neologismo che sta a indicare amici e amore), ho istituito un’altra tradizione: la «lunga notte delle pastiere» o «Capodanno delle pastiere». È una notte magica e infinita, durante cui trasmetto live tutte le preparazioni delle pastiere, rispondendo a domande e curiosità. E, soprattutto, indirizzando e rassicurando gli Amini che mi scrivono e mi mandano foto sulla buona riuscita delle loro ricette. È molto divertente perché, in quelle ore e finché siamo in piedi, ci parliamo tra risate, sbadigli e attimi di panico quando la pastiera in forno sembra non colorarsi mai… La nottata delle pastiere è uno spettacolo. Il giorno dopo, invece, è un delirio. Il mio cellulare è invaso di foto: immagini di pastiere di ogni genere. Grandi, piccine, con sette strisce o ancora di più, all’incirca gialle in superficie, cotte perfette, cotte un po’ bruciate. Le prime pastiere nella vita di molti Amini, preparate su tovaglie antiche, esposte davanti alle finestre o addirittura già pronte per essere regalate. A volte in tanti si avviliscono perché non viene bene la stesa della frolla o non riescono a formare le strisce. Con pochissimi trucchi, io per prima trovo che cucinare la pastiera sia facilissimo ed emotivamente appagante. I commenti sulla mia ricetta, infatti, sono sempre positivi, soprattutto tutti amano la mia frolla di seta che viene pronta in due minuti e garantisce la massima riuscita al dolce. Senza ingredienti introvabili, ma nella semplicità più totale. Basta che ci sia sempre la qualità della materia prima.

Le ricette

Gli altri protagonisti

Nei giorni seguenti al Giovedì santo si inizia a preparare l’impasto per i casatielli e si ricercano i migliori salumi per l’imbottitura e l’antipasto, il Benedetto o fellata. A casa mia il salume preferito è il capocollo, ma adoro anche la ricotta salata, secca e saporita al punto giusto, che si possa affettare con il filo di cotone. Al sabato mattina ricevo a casa l’agnello. Lo taglio in pezzi piccoli, lo strofino bene con il sale e lo immergo qualche ora in acqua fresca con gli odori dell’orto e i limoni del giardino. Sempre al mattino mi piace uscire per comprare gli ultimi ingredienti che devono essere freschissimi: i carciofi mammarelle, le patatine novelle, le fave... In tempo di Pasqua non si tralascia nulla: ogni cosa ha il suo tempo, ogni preparazione, per quanto interpretata con tocco contemporaneo, è sempre dettata da un momento straordinario che diventa solenne: nel preciso istante in cui stiamo mettendo in produzione la «tradizione», stiamo già tramandando.

Rivivere i sapori della propria tradizione

Anche se a volte sembra che i nostri ragazzi rifuggano le fatiche culinarie di quei giorni, tra una fava e un pezzo di salame rubato dal tagliere di legno, in realtà buttano l’occhio alle nostre mani impegnate e, immergendosi nei profumi inebrianti di quei momenti, sono stati già contaminati dalla tradizione. Tutti, un giorno, vorranno rivivere quei sapori, quelle antica gestualità che ricorderanno le proprie origini, la terra, le mani affaticate del padre e quella famiglia rumorosa e felice che si raccontava attorno a un tavolo. Basti pensare ai tempi del Covid: quanti giovani che non avevano mai messo le mani in pasta, durante quella prima dolorosissima Pasqua, lontani dalle famiglie di origine, misero in tavola la tradizione? Tantissimi. La santa Pasqua è esperienza sensoriale e visiva, è un inno a Dio, è gratitudine per la vita e rinascita. Impegnarci in cucina, a mio avviso, è un bel compito, un po’ faticoso ma splendido. Cucinare per amore è l’unico vero regalo che possiamo fare ai nostri cari e agli amici migliori. E allora, Amini: rimbocchiamoci le maniche e facciamo volare il cuore, come uno dei più bei simboli pasquali, la colomba della pace.

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