LUNANZIO, IL COMICO BAROCCO CHE CITA ALFIERI E GOLDONI A «LOL 4»

La camicia abbondante, i pantaloni corti, i capelli scompigliati, le labbra nere. Pochi tratti che dicono subito che si è di fronte a qualcosa di diverso. O meglio, qualcuno. «La proposta di Lunanzio è studiata con il righello, anzi, come direbbe lui, con il righellio», spiega Loris Fabiani, attore 40enne che a Lunanzio presta corpo, anima e ossa dal 2006.

Questo personaggio barocco, che gioca con le parole «in un misto tra Alfieri e Goldoni, con un po’ di Dante di mezzo», lo ha portato dritto alla Champions League dei comici, Lol 4, disponibile dal primo aprile su Prime Video. Lui tra i big, entrato di diritto nella categoria dopo aver vinto Lol Talent Show, una sorta di Sanremo Giovani della comicità.

In pochi mesi, un trionfo. Trionfo che arriva dopo anni di teatro in cui è stato diretto dai registi più grandi, tra cui Ronconi, Cecchi e De Capitani, ma anche dopo parecchia gavetta nei locali di cabaret. Eppure, un trionfo che si regge anche sul caso: «Dovevo fare una delle mie serate al Ghe pensi mi, locale di cabaret milanese, solo che quella sera non ne avevo proprio voglia. Alla fine mi sono sforzato, perché sono convinto da tempo che è proprio quando non hai voglia di fare una cosa che arrivano le possibilità». La costanza paga, e così è stato anche per lui: «Proprio quella sera, fredda e senza aspettative, sono venuti al locale i talent scout di Lol. Mi hanno visto e mi hanno proposto di fare il provino per lo show: a me, che avevo 2 mila follower, che non ero già noto sui social. Io arrivo veramente dal nulla». Il resto è storia, come quella a cui si ispira il personaggio di Lunanzio: «Il suo italiano antico è quello che anche i bambini sanno fare all’occorrenza: mischi le lettere, metti apostrofi e consonanti come credi, credelli, anzi, e in un attimo si diventa Brancaleone».

Fabiani ha fatto l’Accademia di arte drammatica di Roma: «Sono stato scritturato da diversi teatri nazionali ma parallelamente ho sempre portato avanti i miei progetti personali, tra cui, appunto, Lunanzio». Al cabaret, però, fino a un certo punto non pensava: «Sono cresciuto al teatro dell’Elfo ma, anche lì, il primo provino per un ruolo di Shakespeare l’ho fatto vestito da Lunanzio. Ha funzionato lì e, dieci anni dopo, ha funzionato anche per Lol».

Ha iniziato a esplorare la comicità durante il Covid: «Ho fatto delle prove, ma Lunanzio non era maturo. Finita la pandemia ho deciso di investire su questo personaggio, mi sono rimboccato le maniche e ho iniziato a fare l’iter che fanno tutti i comici: dai laboratori giusti, ai primi locali. Nel 2023 ho vinto tantissimi premi di cabaret, evidentemente perché Lunanzio non è solo un pezzo di cabaret, è un’idea. Quando sono lui sono lui, non esco mai dal personaggio, come ad esempio fa un mio maestro assoluto come Raoul Cremona quando prende in giro il mondo dei teatranti. Io no, non dichiaro mai la finzione e questo rende vero Lunanzio. Solo così mi sono potuto permettere il suo dilagare in platea, il suo dialogare con le persone... è tutto collegato. Lui non è un attore che recita, lui è lui».

E lo è stato anche a «Lol»: «Non mi aspettavo funzionasse così bene, lo ammetto. A Lunanzio non frega niente delle regole, per cui non è un problema non ridere. Quanto alle telecamere, non ero una Cenerentola al ballo: ho recitato su palchi importanti che ti portano quel tipo di emozione. Ma quando ero in scena come Loris, ecco, lì mi sentivo nudo. Lunanzio era la mia arma e senza di lui ho avuto paura di perdere sprint. Il vantaggio era essere assieme a persone di cui conoscevo già la grammatica comica: io ero quello sconosciuto».

Chi l’ha impensierita di più dei suoi illustri colleghi? «Lo dicono tutti ma c’è un motivo: Diego Abatantuono, è una bomba. Fa ridere con il suo ragionamento concreto e realmente scazzato. E poi amavo già tanto anche Rocco Tanica. Con Santamaria è scattata una bella empatia, ci siamo davvero divertiti».

Che effetto le fa pensare che se non fosse andato a quella serata ora la sua vita sarebbe molto, molto diversa? «Mi viene quasi la vertigine, ma la risolvo dicendomi che io tutti i giorni di tutti i mesi avevo quello stesso atteggiamento che ti fa dire: fai una cosa anche quando non ne hai voglia, perché è la volta che cambia tutto».

Non è ancora iniziato «Lol» e i suoi follower su Instagram sono diventati 45 mila: «Ne sento la responsabilità ma è anche una goduria. Il fatto che se anche solo faccio una storia so che viene vista immediatamente da un numero importante di persone mi fa sentire che il mio gesto si riverbera. Però il mio gesto è lo stesso, è cambiata la posologia».

Come mai le labbra nere? «Sono arrivate da subito, istintivamente: togliendo il colore si toglie la sensualità e restano solo le parole». Ora si definisce un comico? «Sì, assolutamente, sapendo che rientro in una categoria mia. Ma nella comicità c’è posto per tutti: se funziona allora vale».

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