ROSALIA MESSINA DENARO: CHIESTI 20 ANNI DI CARCERE PER LA SORELLA DEL BOSS. «ERA IL SUO ALTER EGO E GESTIVA I SUOI PIZZINI»

Un tutt’uno con Cosa nostra, una personalità negativa, «allarmante»: nel respingere la sua richiesta di scarcerazione così descrivevano i giudici del tribunale del Riesame di Palermo la sorella del boss Matteo Messina Denaro, Rosalia, arrestata a marzo di un anno fa, a pochi mesi dalla cattura del fratello, con l’accusa di associazione mafiosa.

Oggi la Procura di Palermo ha presentato il conto chiedendo per la maggiore delle sorelle del padrino 20 anni di carcere. Una pena pesantissima nonostante gli sconti concessi per il rito abbreviato. Per i pm Piero Padova e Gianluca de Leo per anni avrebbe aiutato il fratello a sottrarsi all’arresto e avrebbe gestito per suo conto la «cassa» della «famiglia» e la rete di trasmissione dei «pizzini», consentendo così al capomafia di mantenere i rapporti con i suoi uomini. A lei il boss ricercato aveva confidato la sua malattia. E nella gamba di una sedia, a casa della donna, i carabinieri del Ros trovarono il pizzino con gli appunti medici che poi li hanno portati sulle tracce dell’ultimo stragista di Cosa nostra.

Il gip che ne dispose l’arresto la dipinse come una sorta di alter ego del fratello. «Gli elementi raccolti nel corso delle indagini hanno fatto emergere l’effettivo contributo prestato in modo convinto e consapevole dall’indagata all’interno dell’ associazione, veicolando informazioni, eseguendo le direttive del capo e gestendo la cassa comune, il tutto come preziosa e fedele esecutrice delle direttive del capomafia latitante ed agendo anche nella piena conoscenza di argomenti, questioni, nomi in codice e segnali», scrisse poi il tribunale del riesame di Rosalia. Il «suo ruolo sarebbe stato complesso: oltre a custodire informazioni sul latitante ha coordinato il sistema di trasmissione delle comunicazioni in modo continuativo e fiduciario».

Rosalia Messina Denaro, dunque, sarebbe stata «abituale veicolatrice di messaggi in modo da consentire al fratello di continuare ad esercitare le sue funzioni direttive, occupandosi di incarichi coinvolgenti terzi individui, gestendo la cassa comune dell’associazione e predisponendo l’apposito rendiconto, programmando modi accorti di gestire le situazioni di criticità, e dunque dando pienamente conto dell’assunzione da parte sua di compiti variegati, specifici e stabili, sintomatici di una disponibilità assoluta su cui l’associazione poteva costantemente fare affidamento».

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