TOMMASO BERNI, EX TERZO PORTIERE INTER: «VIVO A IBIZA, STUDIO PER DIVENTARE CAPITANO DI YACHT»

Deva, 4 anni, ha fatto un bel dispetto a Ainy, il fratellino, che piange disperato: «Per poco non me lo ammazza con un giro della morte sull’altalena», sorride Tommaso Berni, oggi papà (e non solo ) a tempo pieno ma fino al 2020 terzo portiere dell’Inter e idolo del popolo nerazzurro, innamorato del suo attaccamento alla maglia e affascinato da un record non facile da battere: « Zero partite in 6 anni e, malgrado questo, sono riuscito a farmi espellere due volte. Non male, vero?», se la ride mentre è al parco con i due figli. Li ha lasciati solo per un pomeriggio a Firenze, dai nonni. Troppa la voglia di salire a Milano per festeggiare la seconda stella: «Sono andato a San Siro e sono passato dallo spogliatoio per salutare i ragazzi — ci racconta — mi sarebbe piaciuto potermi fermare di più e divertirmi con loro, ma dovevo tornare a fare umilmente il papà».

Chissà come avrebbe festeggiato se fosse stato ancora uno di loro. «Ho 41 anni, ma sicuramente sarei salito sul pullman a trainare tutti. In campo forse avrei battuto lo scatto finale di Thuram nel derby. O magari sarei scoppiato a piangere come mi successe al gol di Vecino con la Lazio,

e già lì disse che l’Inter avrebbe iniziato a vincere. «Si era creato un gruppo solido, una società seria. Ogni anno facevamo uno step in più. Con Conte arrivammo a un punto dalla Juve e in finale di Europa League. C'era tutto per vincere. E sì, ho rosicato. Sarei rimasto volentieri almeno un altro anno».

Ha sentito qualcuno in questi giorni? «Sono sempre rimasto in contatto con i compagni più stretti. Ho rivisto di recente Ranocchia, mi sento con Barella, Bastoni, Dimarco, Brozovic e Inzaghi, con cui ho giocato per 5 anni. Il miglior compagno che uno possa avere. A tutti loro ho voluto bene e ho fatto sentire il mio sostegno anche nei momenti brutti».

E poi c’è Lautaro. «Presi la prima espulsione per difenderlo. Gennaio 2020, giocavamo col Cagliari. Lo massacrarono di falli per 90’, lui reagì al 94’ e si beccò il rosso. Mi si tappò la vena contro l'arbitro. “Ma come, lo hanno ammazzato dal 1’ e lo cacci?”. La domenica dopo guardammo entrambi il derby dalla tribuna».

E il secondo rosso? «Contro il Parma, in pieno Covid. Stadio vuoto, non volava una mosca. Mi scappò un “Porca t…”. Nello spogliatoio chi prendeva un rosso per una sua stupidata doveva pagare pegno. Quindi andai dall’arbitro e scherzando gli dissi che per colpa sua avrei speso un sacco di soldi e che quindi mi avrebbe dovuto offrire almeno da bere. “E guardi che io bevo tanto eh”».

Cosa portò alla squadra? «Un paio di AirPods per tutti. Lautaro fece arrivare ad Appiano un pullman carico di televisori. Ognuno secondo le proprie possibilità».

Le manca la panchina di San Siro? «I giocatori che riescono a fermarsi in quello stadio hanno una spanna in più degli altri. Mi piacerebbe riprovare un allenamento da portiere come una volta, anche se adesso mi sbriciolerei come un grissino. Ho perso 11 chili. Non sono ingrassato grazie a mia moglie, che mi fa mangiare sano».

Cosa fa adesso? «Vivo a Ibiza, dove mia moglie lavora da 11 anni nell’ambito olistico e del curanderismo. Sto portando avanti diverse cose, ho una piccola percentuale in un locale e faccio il concierge, anche se non ho fondato nessuna società. Affitto barche, macchine, ville o appartamenti. Devo lavorare, non posso permettermi di campare di rendita. Sono stato un privilegiato, giocando a calcio ho guadagnato più della media. Ma non così tanto da poter gestire i miei risparmi. Anche perché non è più la stessa Ibiza».

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Cioè? «I prezzi sono diventati folli, dagli alberghi ai ristoranti passando per gli affitti. Una stanza costa sui 1000 euro. Gli agenti della Guardia Civil, almeno quelli più giovani, non se lo possono permettere e spesso dormono nelle camionette. Prima non c’erano distinzioni fra ricchi e poveri. “In mezzo alla pista siamo tutti uguali”, si diceva qui. Tante culture, tante storie. Questa era l’Isola di cui mi sono innamorato. Ormai c’è una clientela di milionari molto ampia».

Dopo sei anni di Inter le è rimasto un sogno da realizzare? «Amo il mare e le barche. Ho già fatto due esami per diventare capitano di yacht, in totale sono cinque e non è uno scherzo. Oltre alla terminologia da imparare, il mio insegnante me lo ripete sempre. "Un tamponamento fra auto può essere rimediabile. Se invece prendi uno scoglio o non sai riconoscere una boa, vai giù e ci possono essere gravi conseguenze per te e per chi ti sta intorno". Mi sono rimesso a studiare insomma, io che da ragazzo non sono riuscito a portare avanti gli studi. Mi è sempre dispiaciuto, ma non si finisce mai di imparare».

Lei alla guida di una barca: che viaggio si immagina? «Sogno il mare piatto, di notte, senza luna per rivivere l'emozione che ho vissuto in Africa, quando mi sono sposato. Cioè un cielo pieno di stelle. Intanto però le più belle sono le due della mia Inter».

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