ADRIAN NEWEY FA ANCORA LA DIFFERENZA IN F1? I SEGRETI DEL PROGETTISTA CHE LA FERRARI SOGNA

Alla costruzione di una monoposto di F1 contribuiscono in qualche modo un migliaio di persone circa all’interno di un top team. Come può, in quest’epoca di corse moderne, il singolo essere ancora decisivo? Adrian Newey lo è stato, lo è, e lo sarà ancora, questo almeno crede chi sta cercando di prenderlo (Ferrari, Mercedes o Aston Martin) mentre dalla Red Bull tenderanno a minimizzare la perdita sottolineando come i bolidi di Verstappen siano il frutto di un lavoro di gruppo. Una cosa è certa: chi ingaggerà l’ingegnere di Stratford-upon-avon, la città di Shakespeare, accederà a un pozzo di idee. E di esperienza.

Newey, il genio dell'effetto suolo e non solo

Il talento di Newey infatti è esploso nella formidabile Williams degli anni 90 alle dipendenze di Patrick Head. Anni di trionfi ma anche di angosce nei quali fu chiamato a difendersi in tribunale per la morte di , una tragedia che peserà sempre nella sua testa. Il ragazzo litigava a scuola con la matematica ma nel garage del papà trovò le prime soluzioni geniali, intervenendo su qualsiasi veicolo a motore. Avere Newey significa anticipare, risolvere i problemi, spingersi in territori inesplorati. Come? Prendiamo l’attuale generazione di F1 a effetto suolo, al debutto nel 2022. Gli ingegneri avevano sottovalutato gli effetti nocivi del saltellamento (il porpoising), un fenomeno sottostimato dai simulatori e dagli strumenti in galleria del vento. Tutti i team, da Ferrari a Mercedes, ne hanno sofferto pagando un caro prezzo in termini di prestazioni. Tutti tranne uno: la Red Bull.

Mentre tanti colleghi non erano nati o dovevano ancora laurearsi, Newey era già in F1 durante la prima generazione di «wing car», ne ricordava pregi e difetti, aveva continuato a studiare, ed era intervenuto in fase di progettazione dando linee guida e soluzioni. Risultato: Verstappen e Perez erano gli unici a potersi permettere di viaggiare all’altezza da terra prefissata, mentre i rivali dovevano alzare la macchina (per limitare i saltelli) perdendo in velocità. Ci sono le intuizioni del genio ma deve esserci anche un’orchestra sotto in grado di leggere gli spartiti. Negli anni il ruolo di Newey è cambiato e non è più quello del direttore tecnico, presente a tutti i meeting e impegnato a far sì che ogni reparto si parli con un altro. A Milton Keynes infatti sono abituati a «decifrare» i suoi codici e tutta la macchina organizzativa è in mano a Pierre Waché, corteggiato tanto quanto Newey e di recente blindato con un rinnovo di contratto. La bacchetta magica non esiste, la mente magica sì.

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