BANDIERE PALESTINESI AL POSTO DI QUELLE AMERICANE, LA FOLLE PROTESTA AD HARVARD

Le proteste in alcune delle università più prestigiose degli Stati Uniti continuano ad infiammare i campus in una costante escalation. Lunedì mattina, si è diffuso un video di alcuni contestatori, con tanto di kefiya d’ordinanza, che sostituivano le bandiere americane sopra la statua del fondatore dell’Università di Harvard con enormi bandiere palestinesi. La protesta non è durata molto, visto che la polizia dell’università ha rimosso nel giro di poche decine di minuti le bandiere ma le reazioni non sono mancate, rendendo ancora più incandescente il clima.

Tensione alle stelle

Secondo quanto riportato dal Crimson, il giornale gestito dagli studenti di Harvard, attorno alle 18.30 di sabato sera, alcuni studenti hanno innalzato tre grandi bandiere palestinesi nelle immediate vicinanze della statua di John Harvard, prendendo il posto della bandiera a stelle e strisce che di solito sventola sopra il fondatore dell’università più antica degli Stati Uniti. Nel giro di pochi minuti la polizia è arrivata per rimuovere le bandiere e la kefiya che era stata avvolta al collo della statua per essere accolti da grida di “Vergogna” a slogan, incluso l’estremamente controverso “Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera”. In questo caso, la risposta della prestigiosa università del Massachusetts è stata rapida e senza esitazioni: il portavoce di Harvard Jonathan L. Swain ha definito le azioni degli studenti una “violazione del regolamento universitario. Gli individui coinvolti saranno soggetti ad azioni disciplinari”.

La prospettiva non sembra però aver spaventato i contestatori: dopo l’arrivo della polizia si sono messi a cantare “Harvard, prendi la mia carta d’identità. Non ci fate paura” prima di tenere una veglia attorno alla statua eretta per una vittima palestinese dell’intervento israeliano. È stato qui che gli amministratori dell’università si sono presentati per identificare gli studenti e presentargli un avviso scritto dai toni inequivocabili. “Continuare a violare il regolamento universitario risulterà in sanzioni sempre più severe. A chi avrà in corso procedimenti disciplinari non sarà rilasciata la laurea”. Una minaccia estremamente seria, considerato che un anno ad Harvard costa la bellezza di 82.866 dollari. Il Crimson ha poi precisato che le bandiere americane non sono state danneggiate, visto che vengono rimosse alle 16 del venerdì per essere esposte di nuovo il lunedì seguente.

Una situazione esplosiva

La situazione ad Harvard rischia di sfuggire di mano, nonostante l’amministrazione abbia chiuso i portoni che conducono al famoso cortile: per evitare che sorga un campo come quello della rivale Columbia, l’accesso al campus a limitato a chi è in possesso del tesserino universitario e ci sono cartelli che vietano severamente di alzare tende o posizionare banchetti senza il permesso dell’università. La cosa non ha impedito ad un gruppo di studenti di sistemare 14 tende dopo una manifestazione contro la sospensione del comitato di solidarietà per la Palestina organizzato dagli studenti più radicalizzati. Le proteste pro-palestinesi e la risposta lassista dell’amministrazione non sono nuove ad Harvard, tanto da costare il posto al presidente dell’università Claudine Gay, che si era dimessa ad inizio gennaio dopo la disastrosa apparizione di fronte al Congresso degli Stati Uniti.

La situazione ad Harvard sembrava esser tornata alla normalità, fino a quando non sono iniziate le manifestazioni in diversi campus della cosiddetta Ivy League. Giovedì scorso la polizia era intervenuta per disperdere le proteste alla Columbia, arrestando 108 persone, inclusa la figlia della controversa deputata democratica Ilhan Omar. Le tensioni e gli scontri tra i contestatori e gruppi di studenti ebrei hanno rischiato di trascendere, specialmente da quando, martedì scorso, studenti e professori della New York University avevano chiesto a gran voce un boicottaggio accademico di tutte le università israeliane.

Le autorità sono intervenute nel corso della serata di giovedì anche ad Austin, dove 54 persone sono state arrestate per ripristinare l’ordine nel campus della University of Texas. Se nel Lone Star State si è anche impiegata la polizia a cavallo, molti amministratori temono il cosiddetto “effetto contagio”: uno dei contestatori della Nyu aveva dichiarato al Daily Mail di esser stata “ispirata dai nostri compagni alla Columbia”, vestendo un passamontagna e una kefiya sui capelli. Il timore di molti è che proteste del genere arrivino prima ad Harvard e poi al resto delle università americane prima delle vacanze estive.

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