BIDEN STUDIA SANZIONI PER PUNIRE L’IRAN, MA DEVE «PROTEGGERE» IL PREZZO DEL PETROLIO

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE NEW YORK - La Casa Bianca si aspetta una «risposta limitata» di Israele, dopo il , secondo fonti citate dalla Cnn. Per dissuadere Israele da un duro contrattacco militare, l’amministrazione Usa sta tentando anche di rafforzare le sanzioni economiche e politiche contro l’Iran. Sabato scorso il presidente Biden ha detto al premier israeliano Netanyahu che gli Stati Uniti non parteciperanno ad un controattacco, ma ha riconfermato l’impegno a difendere lo Stato ebraico se viene nuovamente preso di mira. Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby ha ripetuto ieri ai giornalisti che tocca a Israele decidere «se e come rispondere», anche se l’America «non vuole una guerra con l’Iran o una escalation».

In conferenza stampa a Washington, intanto, la segretaria del Tesoro Janet Yellen ha affermato ieri che gli Stati Uniti useranno le sanzioni, in coordinamento con gli alleati (in visita ci sono i ministri delle Finanze per le assemblee primaverili del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale), per continuare a interferire con «l’attività nefasta e destabilizzante» di Teheran. Yellen ha aggiunto che sul tavolo ci sono tutte le opzioni per ostacolare «i finanziamenti terroristici» iraniani e che nei prossimi giorni verranno annunciate nuove sanzioni.

Alcuni osservatori ritengono improbabile che l’amministrazione Biden inasprisca le sanzioni sulle esportazioni di petrolio iraniano, a causa delle preoccupazioni per l’impatto che avrebbero sul prezzo del petrolio e per evitare di irritare la Cina, che ne è il più importante acquirente. In un anno elettorale, un aumento del prezzo della benzina negli Stati Uniti sarebbe inoltre rischioso per Biden, che ieri era nella «sua» Scranton, in Pennsylvania per illustrare agli elettori come le sue politiche aiutano i cittadini. Ma sulla tv di destra Fox News, il deputato Steve Scalise, numero due dei repubblicani alla Camera, ha detto che l’amministrazione Biden ha reso più facile la vendita del petrolio iraniano e che i profitti vengono usati «per finanziare attività terroristiche». La pressione politica a punire l’Iran crea un dilemma per la Casa Bianca: come ripristinare la deterrenza senza arrivare ad una escalation del conflitto in Medio Oriente e senza destabilizzare i rapporti con Pechino?

La Camera Usa ha approvato a stragrande maggioranza lunedì una proposta di legge denominata «Iran-China Energy Sanctions Act», che amplierebbe le sanzioni contro l’Iran imponendo rapporti annuali che illustrino se le banche cinesi hanno partecipato a transazioni che riguardano il petrolio iraniano. La legge vieterebbe alle istituzioni finanziarie americane di aprire conti con entità cinesi coinvolte in questi affari. Ma non è certo se il Senato, controllato dal partito di Biden approverà queste misure e, se approvate, non è chiaro quanto la Casa Bianca si batterà per l’applicazione effettiva delle sanzioni esistenti e di nuove sanzioni contro l’esportazione di petrolio iraniano.

Dopo l’attacco iraniano, lo speaker della Camera Mike Johnson sta cercando di porre fine allo stallo sui 95 miliardi di aiuti a Israele, all’Ucraina e a Taiwan. Ha proposto di mettere al voto separatamente le diverse sezioni, ma una parte della sua risicata maggioranza repubblicana è furiosa perché ha lasciato fuori le misure sulla sicurezza al confine con il Messico che considera prioritarie. Alcuni hanno chiesto le sue dimissioni. Per il passaggio della proposta di legge, lo speaker avrà bisogno di appoggio bipartisan e ne ha parlato al telefono con Biden. La Casa Bianca, che si è opposta in passato al passaggio di aiuti solo a Israele, slegati da quelli per Ucraina e Indo-Pacifico, ripete che sono tutti necessari «subito».

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