GLI F-35, LE BOMBE E I RAID SUI REATTORI. I PIANI (GIà PRONTI) PER ANNIENTARE L'ATOMICA DELL'IRAN

Bombardare le strutture in cui si arricchisce l'uranio e distruggere tutti laboratori in cui si progetta la bomba atomica iraniana. Il progetto israeliano, semplice a parole, è, nella realtà, estremamente complesso. Non a caso viene continuamente aggiornato sulla scorta dei rapporti del Mossad riguardanti i nuovi centri di ricerca e le più recenti misure di difesa allestite da Teheran. L'ostacolo più complesso resta però il «no» americano.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, alla disperata ricerca di consensi, puntava su un via libera al termine della rappresaglia iraniana. Il «no» di Joe Biden è invece tornato a risuonare subito dopo l'abbattimento dell'ultimo missile iraniano. Il «no» non ferma comunque l'addestramento, avviato già venti anni fa, dei «top gun» pronti a bloccare la marcia di Teheran verso il nucleare. L'addestramento prevede cinque tappe essenziali. La prima è l'infiltrazione di varie squadre di F35, composte da quattro aerei ciascuno, lungo rotte differenziate lunghe dai 1.200 agli oltre 2mila chilometri. Volando a bassa quota e sfruttando la conformazione «stealth» queste avanguardie raggiungeranno il territorio iraniano muovendosi lungo, almeno, tre direttive. La più complessa attraversa un confine turco siriano controllato sia dai radar di Ankara, sia da quelli disseminati dall'esercito russo del nord della Siria. Il passaggio attraverso i cieli di Giordania, Arabia Saudita e Golfo Persico è militarmente il meno avventato in quanto entrambe le nazioni potrebbero concedere un via libera «non ufficiale» ai caccia con la Stella di David.

L'infiltrazione dall'Irak non dovrebbe, invece, dar problemi nonostante il «no» formale del governo di Baghdad. Una volta sui cieli iraniani, le prime squadre aeree dovranno realizzare la parte più rischiosa ovvero l'eliminazione delle difese contraeree intorno ai siti nucleari. Un lavoro assai rischioso anche per macchine da guerra sofisticate come gli F35, ma fondamentale per aprire la strada agli squadroni di F15, F16 ed F 35 pronti a sganciare le «bunker buster» Gbu 72, gli ordigni da 2.500 chili di fabbricazione americana capaci di penetrare decine di metri di cemento e distruggere i laboratori nascosti nel sottosuolo. In questa fase l'obbiettivo più complesso è il laboratorio Fordow. Costruito nel cuore di una montagna, con ambienti scavati a 80 metri di profondità Fordow, è il «sancta sanctorum» della ricerca nucleare iraniana. Ma le sue caratteristiche ne rendono impossibile una completa distruzione. L'unico ordigno capace di raggiungere quelle profondità è la Gbu 57A/B una «bunker buster» da 14mila chili di fabbricazione americana. Ma Washington continua a rifiutarne la fornitura ad Israele proprio per evitare raid non autorizzati. Le alternative comunque non mancano. La prima consiste nell'annientare le fonti di alimentazione elettrica e bloccare i laboratori. La seconda prevede la distruzione degli accessi di superficie così da rendere inaccessibile il sito. Il prolungarsi di queste operazioni rischia di trasformare il rientro nella fase più complessa dell'intera operazione. Non a caso è messa nel conto la perdita di aerei colpiti dalla contraerea ancora operativo o, peggio, precipitati per mancanza di carburante vista l'estrema difficoltà di garantire un ordinato e completo rifornimento in volo.

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