I 9 MISSILI DELL’IRAN CHE HANNO «BUCATO» IL SUPER SCUDO: ECCO PERCHé ISRAELE TEME LA MINACCIA DI TEHERAN

Febbraio. I pasdaran organizzano un’esercitazione con uso di sistemi a medio e lungo raggio. Da una zona desertica lanciano quattro Zolfaghar – 700 chilometri di raggio -, tre Haji Qasem (1400 km), altrettanti Kheybar (1450 km), Emad (1750 km) e Ghadr (2000 km). Una tv riprende lo show di forza oggi rammentato da un ricercatore del Wisconsin Projetc. Non è la solita manovra a fuoco, c’è un significato simbolico. I vettori devono colpire un poligono dove sono stati ricostruiti degli hangar a rappresentare la base di Nevatim, nel sud di Israele, installazione che ospita i caccia F35. Poco conta che per il Zolfaghar lo Stato ebraico sia troppo lontano e non è noto se il test invernale sia riuscito, però è più chiaro quanto avvenuto in seguito.

Sabato notte. Scatta l’operazione Vera Promessa, l’annunciata rappresaglia iraniana per l’uccisione degli alti ufficiali a Damasco. Note le conseguenze: lo scudo interalleato ha bloccato gran parte dei 300 tra droni, cruise e balistici. Grande successo, grazie alla combinazione di sistemi: l’Arrow 3 israeliano e quelli americani (compresi gli equipaggiamenti su navi in Mediterraneo e Mar Rosso); i velivoli Usa, britannici, francesi, giordani costantemente in volo per fermare l’onda; la collaborazione dell’intelligence saudita e degli Emirati; la rete di sensori e radar che tiene d’occhio da lungo tempo gli ayatollah.

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La coalizione mista, con idee ed intenzioni diverse, ha funzionato: ha trasmesso un segnale a Teheran ed ha dimostrato che l’ombrello è stato sufficiente.

La medaglia all’efficienza ha, come sempre, l’altra faccia. Cinque missili balistici hanno comunque violato lo sbarramento ed hanno centrato proprio Nevatim, danneggiando un C 130 da trasporto, una pista (dicono poco utilizzata), un hangar. Altri quattro, invece, hanno raggiunto una seconda base nel Negev. Mentre dozzine di altri missili si sono “spenti” lontano dai confini dello Stato ebraico, fermati da problemi tecnici, un exploit in negativo.

Il varco trovato dai guardiani non diminuisce i risultati della difesa comune però rappresenta un avviso. Gli iraniani avevano ipotizzato di prendere di mira Nevatim e lo hanno lasciato intendere con la manovra invernale, infine hanno provato a farlo e ci sono riusciti. Le esplosioni hanno aperto crateri ma la base è rimasta operativa e l’IDF si è subito preoccupata di mostrare i genieri al lavoro per “tappare” i buchi.

Per il prossimo “duello” non è escluso che i pasdaran aumentino i numeri di droni e missili per costringere gli avversari ad estendere le difese, è altrettanto probabile che cresca la quantità dei balistici, più difficili da fermare. Gli iraniani terranno conto di ciò che non ha funzionato e magari ritenteranno. Con conseguenze imprevedibili.

La storia dei conflitti mediorientali rammenta a tutti che non esistono armi “assolute”, bastioni insuperabili, tecnologie invincibili. La stessa Israele lo ha scoperto a proprie spese il 7 ottobre con la sorpresa di Hamas. Per questo diplomatici e osservatori suggeriscono di non prendere sottogamba il nemico. Sia che indossi la mimetica della guerriglia o la divisa dei guardiani della rivoluzione.

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