IL FRONTE ORIENTALE STA CEDENDO. E LUKASHENKO "GIOCA" CON L'ATOMICA DI PUTIN

L’attacco dell’artiglieria russa sul fronte ucraino orientale nelle ultime ore è salito di intensità. Un’azione forsennata condotta sperando di sfondare le linee ucraine e far cadere il fronte costringendo Kiev a riorganizzare le difese facendo indietreggiare per decine di chilometri i battaglioni. Militarmente sarebbe una catastrofe. Politicamente, una disfatta. Dovendo fronteggiare la peggiore delle eventualità, la corsa alla consegna delle armi occidentali è a perdifiato. Vladimir Putin ha bisogno di esibire domani, giornata in cui ricorre la vittoria sul nazifascismo, lo scalpo di Kiev. La regione di Avdiivka potrebbe essere troppo poco, dopo due anni di guerra. Il timore che tiene svegli civili e militari, è per un’azione su vasta scala, con una raffica di attacchi senza precedenti dal cielo, ad aprire un varco per le forze di terra, lungo il fronte di 1.000 nel sud e nell’est, dove il Cremlino potrebbe tentare l’assalto ad alcune delle ultime grandi città della regione industrializzata di Donetsk, segnando l’acquisizione di un bottino politico ed economico.

Secondo Rob Lee, del Foreign Policy Research Institute (Fpri), i droni di sorveglianza russi «rappresentano spesso un rischio maggiore per le unità di artiglieria ucraine rispetto ai radar di controbatteria russi», ha spiegato all’agenzia Reuters. I velivoli senza pilota hanno oramai una doppia funzione: prima mappare il terreno e poi colpire. Anche se intercettati e distrutti in volo, gli operatori da remoto riescono ad acquisire le informazioni che servono per tracciare l’esatta dislocazione delle forze ucraine, adattando i combattimenti alle posizioni sul campo. Le richieste di equipaggiamento, da Kiev sono pressanti. Tra queste le forniture italiane. «Tutto il materiale militare che inviamo è destinato ad essere usato solo dentro il territorio dell’Ucraina. Non diamo materiale che possa essere usato al di là dei confini dell’Ucraina. Noi non siamo in guerra con la Russia», ha rassicurato il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

A oltre due anni dall’ordine di invasione, sembra di essere tornati ai toni e alle tattiche precedenti l’attacco su Kiev del 24 febbraio 2022. Allora i battaglioni russi entrarono da Nord attraverso la Bielorussia, dove da settimane erano in corso esercitazioni. Mosca all’epoca assicurava che i suoi soldati erano lì per normale addestramento, non per una guerra vera. Mentiva, perciò l’annuncio arrivato ieri da Minsk, non viene preso alla leggera. L’esercito bielorusso ha informato di aver avviato un’esercitazione per verificare il grado di «preparazione» dei suoi lanciatori tattici di armi nucleari. Notizia che arriva il giorno dopo l’annuncio da parte del suo alleato russo di esercitazioni nucleari che coinvolgerebbero in particolare truppe vicino all’Ucraina. «Un controllo del grado di prontezza delle forze e dei lanciatori di armi nucleari tattiche è stato avviato all’interno delle forze armate», ha affermato in una nota il ministero della Difesa bielorusso. Nell’estate del 2023, Mosca aveva dichiarato di aver schierato armi nucleari tattiche in Bielorussia. «Nessuno userà queste armi a scopo offensivo», ha assicurato il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, citato dall’agenzia Interfax. L’obiettivo per l’autocrate di Minsk resta quello della «deterrenza».

Ma a questo punto nessuna si fida più di nessuno. E ieri due funzionari dell’Amministrazione per la Sicurezza dello Stato, riporta Ukrainska Pravda, sono stati denunciati per tradimento e complicità in un attacco terroristico. Uno dei compiti della rete di intelligence russa, secondo le accuse infiltrata fino all’anticamera dei vertici ucraini, era quello di cercare tra i militari vicini alla sicurezza del presidente persone che potessero prendere in ostaggio il capo dello Stato e poi ucciderlo. Oltre a Zelensky, i russi intendevano eliminare il capo della Sbu Vasily Malyuk, il capo della Gur Kirill Budanov e altri funzionari di alto rango.

Il confine tra aggiornamenti dal terreno e propaganda, è stato superato da un pezzo. E ieri l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) ha esortato a condividere con i suoi esperti informazioni comprovate sul presunto uso di armi chimiche in Ucraina. «Le informazioni finora fornite da entrambe le parti, non sono sufficientemente comprovate», si legge in una nota.

Intanto, i procuratori statali ucraini affermano di aver esaminato i detriti di 21 dei circa 50 missili balistici nordcoreani lanciati dalla Russia tra la fine di dicembre e la fine di febbraio, nel tentativo di valutare la minaccia derivante dalla cooperazione di Mosca con Pyongyang. «Circa la metà dei missili nordcoreani ha perso le traiettorie programmate ed è esplosa in aria», spiega l’ufficio del procuratore generale di Kiev. Il loro utilizzo oltre a fornire alla Corea del Nord l’opportunità di testare missili, è favorito dalla Russia che ha adottato misure che renderanno più difficile per le Nazioni Unite monitorare le sanzioni imposte alla Nord Corea nel 2006. un gruppo di esperti Onu aveva presentato un rapporto che confermava per la prima volta come, in violazione delle sanzioni, un missile balistico di fabbricazione nordcoreana noto come Hwasong-11 aveva colpito la città ucraina di Kharkiv.

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