ISRAELE: «RISPONDEREMO NEL MOMENTO, NEL LUOGO E NEL MODO CHE RITERREMO PIù ADATTO». GOVERNO DIVISO SUI TEMPI

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME — Mutismo strategico. Del generale che di più ammira ama citare i passaggi dedicati al comando: «Niente rafforza l’autorità quanto il silenzio». Una massima di Charles de Gaulle che Ehud Barak — da capo di stato maggiore, primo ministro e poi ministro della Difesa — ha imposto come dottrina militare di Israele. E che Benny Gantz, voluto come capo di stato maggiore nel 2011 proprio dal soldato più decorato della Storia del Paese, sembra riproporre in queste ore di attesa per la rappresaglia all’attacco iraniano nella notte tra sabato e domenica: «Va costruita un’alleanza globale perché Teheran è una minaccia globale. Risponderemo nel momento, nel luogo e nel modo che riterremo più adatto». Parla è vero, ma non dice molto per lasciar capire quali siano le intenzioni del consiglio di guerra ristretto, di cui il leader centrista fa parte dopo aver lasciato l’opposizione.

Resta il vero rivale politico di Benjamin Netanyahu, lo straccia nei sondaggi. Così il premier in visita alle reclute usa le formule bellicose che piacciono ai suoi elettori, ma le rivolge ad Hamas, l’offensiva a Gaza ordinata dopo i massacri perpetrati dai fondamentalisti il 7 ottobre va avanti, nonostante la testa degli strateghi israeliani sia adesso concentrata su altro: «Combatteteli senza pietà, sono nemici crudeli». Avrebbe usato toni più moderati per tranquillizzare i regnanti e i governi arabi nella regione: secondo il telegiornale del Canale 12, fonti da Gerusalemme avrebbero fatto trapelare il messaggio che il tipo di risposta scelto non allargherà il conflitto al Medio Oriente. I giordani parlano per tutti: «Non accetteremo di diventare campo di battaglia tra le due potenze».

Gli americani — ricostruisce l’emittente Nbc si aspettano «un’operazione limitata» con raid su obiettivi militari in Iran e le basi in Siria delle milizie sciite armate da Teheran. Rafael Grossi, il direttore dell’agenzia internazionale per l’Energia Atomica delle Nazioni Unite, teme che a essere bombardati possano essere i centri atomici. «Le autorità iraniane hanno detto ai nostri ispettori che domenica i siti sarebbero stati chiusi per ragioni di sicurezza. Abbiamo deciso di tenerli lontani fino a quando la situazione non si calma».

Il consiglio di guerra israeliano si è riunito ieri due volte, lo stato maggiore e l’intelligence militare premono per una ritorsione immediata. Daniel Hagari, il portavoce delle forze armate, dichiara: «L’Iran non può restare impunito». Yoav Gallant, il ministro della Difesa, avverte: «I cieli sono aperti alla nostra aviazione. I Pasdaran hanno fallito il raid e soprattutto hanno fallito nello spaventarci». Bibi, com’è soprannominato, starebbe in mezzo. Una fonte citata da Anshel Pfeffer offre una sola indicazione sui tempi, che sarebbero il punto di maggior contesa nel gabinetto ristretto: «Non scordatevi che la settimana prossima inizia Pesach», le festività per la Pasqua ebraica. «Vuol dire che vogliono chiudere la questione prima di domenica — commenta l’editorialista del quotidiano Haaretz — o che aspetteranno una decina di giorni».

Gli israeliani stanno anche preparando le valigie per le vacanze all’estero e l’annuncio di easyJet della sospensione di tutti i voli con Tel Aviv fino a ottobre ne ha già lasciati molti a terra. L’eventuale contrattacco — mentre gli iraniani promettono una risposta con «un’arma mai utilizzata» — di sicuro causerebbe altre cancellazioni. Il 74 per cento degli intervistati — rileva un sondaggio dell’Università ebraica a Gerusalemme — si oppone a un bombardamento se dovesse mettere in pericolo le relazioni con gli alleati internazionali. Il leader russo Vladimir Putin, che alleato forse sembra solo a Netanyahu, ha parlato con Ebrahim Raisi, il presidente iraniano, e gli ha comunicato che si aspetta «moderazione da entrambi i Paesi».

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