KYLE CHALMERS: «PER VINCERE NEL NUOTO SONO ANDATO A LAVORARE IN CANTIERE. HO SUPERATO TRE OPERAZIONI AL CUORE E PROBLEMI DI SALUTE MENTALE»

Quando la sua faccia sorridente, illuminata dal sole di un pomeriggio australiano inoltrato, compare nella telecamera con lo sfondo della veranda di casa, il campione oro nei 100 stile libero ai Mondiali di Fukuoka 2023 (sette anni dopo quello olimpico di Rio 2016) Kyle Chalmers non è tornato dall’allenamento. È tornato dal cantiere dove, da un po’, fa il carpentiere. E questo rende già interessante la sua storia. Ci arriviamo. Comunque non è certo per questo che non abbiamo visto Chalmers — il primo nuotatore ad aver vinto Olimpiadi, Mondiali in vasca lunga e corta, Mondiali junior, Giochi Panpacifici e Giochi del Commonwealth — agli ultimi Mondiali di Doha: come tanti campioni australiani (e americani) Kyle ha preferito prepararsi a casa per i Giochi di Parigi, prima affrontando i campionati in Giappone poi in ritiro in Malesia, senza (giura) guardare in tv le gare degli altri. Poi c'è stata l'indagine della Federazione australiana sul suo allenatore Peter Bishop per motivi non chiari («Ma non potrei mai dire cose abbastanza belle di lui», il parere di Kyle), a cui è stato tolto il pass per quest'edizione olimpica, e Chalmers si è trasferito nel Queensland per allenarsi con Ashley Delaney.

Kyle Chalmers è testimonial Arena

Kyle ci racconta la sua giornata tipo, durante la stagione agonistica e fuori? «Devo dire di non avere un vero “fuori stagione”. Ho forse 2 settimane all’anno di vera vacanza se sono fortunato, nelle quali cerco di stare con gli amici e passare più tempo possibile pescando, dormendo, godendomi junk food! Per il resto dell’anno mi alleno 4 o 5 ore al giorno, mi alzo alle 6,30, alle sette sono in piscina, esco alle 9,30, vengo a casa, faccio colazione e un pisolino di un paio d’ore, pranzo, torno in piscina verso le 2,30 e mi alleno fino alle 5,30. Questo è il mio giorno standard 6 giorni alla settimana. La domenica riposo».

Dopo l’oro ai Mondiali del 2023 la scorsa estate è diventato il primo nuotatore ad aver vinto in tutti i maggiori eventi internazionali: ha detto di sentirsi come un bambino, qual è il segreto della sua seconda giovinezza? «Credo sia stato stare lontano dal nuoto e ritrovarmi, più come persona che come nuotatore. I miei amici ovviamente lavorano, così mi sono unito a loro, ho iniziato a lavorare e dopo passavamo tempo insieme. Nuotavo anche, ma non come un professionista, come fosse un gioco. Mi sono ritrovato a fare qualcosa che amo ma divertendomi, cosa che probabilmente non avevo fatto negli ultimi anni».

Ed è andato a lavorare in un cantiere edile? Perché? «Volevo mettere me stesso in una situazione “scomoda”, non avevo mai fatto nessun tipo di lavoro e figuriamoci in un cantiere. Ho sempre il pensiero a cosa farò dopo il nuoto. Studio e cerco di capire quali potrebbero essere le mia attitudini: ho scoperto che mi piace lavorare nelle costruzioni, acquisire nuove conoscenze, incontrare nuove persone e non sentirmi un campione, al cantiere mi sento come chiunque altro».

Lei ha vinto la medaglia d’oro a 18 anni, all’Olimpiade di Rio: è stato difficile gestire il successo così giovane? Ha avuto anche molti guai fisici. «Da Rio a oggi credo di aver fatto buone gare, ho conquistato l’argento a Tokyo, probabilmente uno dei miei migliori risultati. Certo ho avuto momenti molto duri per gli infortuni: 2 operazioni alla spalla e 3 al cuore. E ho dovuto affrontare problemi di salute mentale in quel periodo. Il passaggio da “persona normale” ad “eroe nazionale” in così poco tempo è stato difficile. Essere fermato per foto ed autografi, avere stupende sponsorizzazioni, firmare contratti e guadagnare soldi, tutte cose che non avevo mai fatto prima... è stato tutto molto “sfidante”: adesso ho risolto i miei problemi e so affrontare queste situazioni molto meglio».

Vogliamo approfondire il tema dei problemi di salute mentale? Secondo lei perché così tanti atleti ne soffrono? «Credo che allenarsi 50 ore la settimana per 50 settimane all’anno, fare le stesse cose ogni singolo giorno, esaurisca il corpo e la mente. Devi fare tantissimi sacrifici, dimenticare le feste degli amici, i compleanni di famiglia, i matrimoni dove vorresti andare. Tutto quello che hai sono gli obiettivi e il duro lavoro per raggiungerli. Credo questo metta fortemente alla prova il tuo stato mentale se non sei più che equilibrato. Quest’anno dedicato al lavoro in cantiere, a passare più tempo con la famiglia e gli amici è stato molto salutare».

È importante parlarne, non crede? Dopo il caso di qualcosa è cambiato: lo sport ha abbattuto un tabù. «È vero, io ne parlo per rendere questo problema più normale».

Tempo fa lei ha fatto un post dove denunciava la pubblicazione di notizie false sulla sua vita privata (si riferivano alla sua ex fidanzata, la compagna di Nazionale Emma McKeon e a un presunto flirt di lei con un altro nuotatore): ha scritto due cose interessanti. Che la gente non capisce quanto queste cose possano far male e che lei è passato da essere il «poster boy» nel 2016 a «furfante» nel 2022. «Io non ho mai imparato come relazionarmi con i media, io so nuotare. E perché sono bravo a nuotare la mia vita diventa di pubblico dominio. È una cosa con cui fatico ancora a convivere, la gente non necessariamente mi conosce come persona. Ho imparato molto su me stesso ma trovo ancora la gestione di questa immagine pubblica molto complicata, anche se adesso sarei più preparato a gestire certe cose. Ma io amo nuotare, vorrei occuparmi di questo e delle nuove generazioni di nuotatori che stanno arrivando»

, Dressel, : quale dei suoi avversari le fa più paura? «Io ho paura del mio allenatore (ride, ndr). Sono una persona che non si preoccupa troppo degli avversari: sono fuori dal mio controllo, posso solo controllare me stesso, come mi alleno. È molto affascinante gareggiare in un’epoca con così tanti nuotatori che vanno così forte a stile. Avremo gare fantastiche. Amo guardare questi atleti, persone molto diverse tra loro che vengono da diverse parti del mondo: questa è la cosa più bella del nuoto, entrare in contatto con diverse culture».

Che rapporto ha con i nuotatori italiani ? Le piacciono? «Assolutamente sì, ho tanti buoni amici italiani, Ceccon, per esempio. Passo del tempo con loro quando abbiamo le gare, ceniamo insieme, andiamo a farci qualche birra».

Kyle Chalmers con il nuovo costume Arena da competizione Powerskin Primo: creato dopo quattro anni di sviluppo e testato su 300 nuotatori, ha un tessuto che migliora l'idrodinamicità

Quanti tatuaggi hai? Due di essi rappresentano due nuotatori suoi avversari: un abbraccio con Florent Manaudou e un’esultanza di Bruno Fratus, come nasce la vostra amicizia?«Sì, Fratus è stato una guida e un’ispirazione per me: ho un tatuaggio della sua esultanza e lui ha il mio sulla sua gamba. Flo è una persona che ho amato dal primo momento che l’ho visto gareggiare nel 2012, era senza dubbio il mio idolo. Mi ricordo come ero nervoso la prima volta che gli ho parlato. Non ho nessuna idea di quanti tatuaggi ho, probabilmente troppi!».

Lei giocava a football australiano prima di dedicarsi al nuoto, le piaceva? «È bello giocare con i tuoi amici, è uno sport di squadra. È piacevole allenarsi e assieme parlare e ridere con i tuoi compagni, sai, quando nuotiamo abbiamo la testa in acqua e non possiamo parlare».

Ama anche il calcio? «Certo, seguo un po’ il campionato italiano, ma di più la Premier League. La mia squadra preferita è l’Arsenal, la migliore del mondo».

Il suo libro preferito è «L’uomo più felice del mondo», che è la storia di un sopravvissuto ad Auschwitz, Eddie Jaku. Può dirmi perché? «Il protagonista ha attraversato così tanti momenti orribili e cose per cui pensi che ti arrenderesti e odieresti il mondo, ma è riuscito a rimanere positivo e a diffondere un messaggio così bello e gentile. Per me è stato un libro molto importante, l’ho regalato a tante persone: se sono in difficoltà, devono leggerlo. Grande, grande, grande».

Come sarà un’Olimpiade dopo soli tre anni? «Fantastica. L’ultima volta ci sono stati cinque anni di distanza, troppo tempo da aspettare. E penso che Tokyo sia stata un’Olimpiade molto diversa, con l’assenza di pubblico, il Covid che faceva così tanta paura, noi australiani poi non sapevamo bene cosa fosse, ne avevamo pochissimo a casa, ci sentivamo esposti. Andare a Parigi e poter festeggiare le Olimpiadi con il pubblico e, spero, con la mia famiglia e i miei amici, sarà speciale. Possiamo proporre una modifica e farle sempre ogni tre anni?».

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