L'ALT DI UE E USA: "ISRAELE SI FERMI". L'IRAN: "SIAMO PRONTI A REAGIRE"

C’è chi guarda con apprensione e si augura che sia davvero finita qua e chi sta lavorando perché sia effettivamente così. Dopo l’attacco di Teheran contro Israele, rappresaglia per l’attentato del primo aprile a Damasco, gli occhi del mondo sono puntati sui due paesi e sulle loro mosse, alla caccia di segnali e parole che possano in qualche modo portare a evitare una pericolosissima escalation. Tra accuse, proclami e frenate ognuno recita il proprio ruolo: l’Iran abbassa i toni ma non troppo, Israele mostra i muscoli e attende, l’Occidente e i paesi arabi moderati spingono per scongiurare una nuova reazione. In questo senso, le parole che arrivano dalla repubblica degli Ayatollah, hanno un peso specifico alto. Il ministero degli Esteri di Teheran fa sapere che l’operazione della scorsa notte «era necessaria ed è stata proporzionata» e aggiungendo che «l’Iran non cerca tensioni nella regione, si impegna a rispettare il diritto e le norme internazionali e agirà sempre per punire qualsiasi aggressore al fine di creare un deterrente», in quel solito mix di prudenza e aggressività palesato negli ultimi giorni.

Il Consiglio supremo di sicurezza nazionale sottolinea che «l’attacco in risposta all’attacco dei sionisti contro i locali del consolato iraniano di Damasco, è stata l’azione punitiva minima necessaria per garantire i nostri interessi nazionali e la nostra sicurezza, sulla base del capitolo delle Nazioni Unite», spiegando però che «se il regime continuerà le sue azioni malvagie contro l’Iran con qualsiasi mezzo e livello, riceverà una risposta 10 volte più forte». Il ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian dice anche che «l’attacco mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista», e che «l’Occidente dovrebbe apprezzare la moderazione dell’Iran», ribadendo quindi la volontà di Teheran di non compiere altri passi, a meno che non sia Israele a colpire per primo. La palla quindi passa allo Stato Ebraico che potrebbe non accontentarsi di aver respinto quasi completamente l’offensiva iraniana. L’Occidente spinge per la diplomazia anche se a quanto trapela ieri il premier israeliano Netanyahu si è negato al telefono a tutti i leader che volevano parlargli. Ma la sostanza nelle posizioni non cambia e resta chiarissima.

Quella degli Stati Uniti in primis. «Il governo israeliano determinerà da solo se ci sarà una risposta. Gli Stati Uniti non saranno coinvolti», taglia corto il portavoce del consiglio di Sicurezza Usa John Kirby. Una presa di distanza netta riguardo un’eventuale reazione, ribadita anche dal segretario di Stato Antony Blinken. «Abbiamo coordinato una risposta diplomatica per cercare di prevenire l’escalation», ha detto, dopo i colloqui con i ministri degli Esteri egiziano, giordano e saudita. La Casa Bianca aggiunge di essere «fiduciosa che Netanyahu sia consapevole delle «preoccupazioni espresse dal presidente Biden». Chiarissima la richiesta di calma e diplomazia, sposata in pieno anche dall’Europa. «C’è stata una forte condanna dell’attacco, ora è importante che questo attacco non porti una escalation nella regione», ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Ancora più netta la posizione del Regno Unito, protagonista con Usa, Francia e Giordania nell’opera di respingimento di droni e missili iraniani la scorsa notte. «Moderazione per evitare un’ulteriore escalation», chiede il premier Rishi Sunak mentre il ministro degli Esteri David Cameron spiega che «la nostra speranza è che non ci sia una risposta di ritorsione. Ora è il momento di essere intelligenti oltre che duri, di pensare con la testa oltre che con il cuore». Quel che tutto il mondo si augura trattenendo il fiato.

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