LA MINACCIA DI TEHERAN: "SIAMO PRONTI A USARE UN'ARMA MAI UTILIZZATA". E CHIUDE I SITI NUCLEARI

Per quanto si possa ritenere credibile quello che viene detto dagli Ayatollah iraniani, per loro l'offensiva contro Israele si è già conclusa. Finita con l'attacco pesante, ma in fin dei conti più dimostrativo che concreto, dello scorso fine settimana. Adesso però la Repubblica islamica è in attesa di una reazione da parte di Tel Aviv e mentre l'Occidente invita alla calma e cerca di frenare Netanyahu, Teheran replica con un mix di prudenza e minacce. Da una parte dice di non voler nessuna escalation, poi però alza il tiro: «Se dovessero intraprendere un'azione militare contro Teheran siamo pronti a usare un'arma che non abbiamo mai usato prima». Alla faccia della distensione.

Le parole del portavoce della Commissione per la sicurezza nazionale del Parlamento Abolfazl Amouei, che spiega meglio concetto aggiungendo che «il nostro messaggio è la pace e allo stesso tempo la preparazione militare», aprono a diversi scenari. La prima è quella del bluff, per tenere alta la tensione e cercare di dissuadere anche dal punto di vista dialettico Israele. Specie dopo un attacco che ha non ha portato conseguenze tangibili, visto il successo dello scudo israeliano. D'altro canto però uno dei Paesi più sottoposti a sanzioni e tra gli stati canaglia più pericolosi al mondo, potrebbe nascondere qualcosa di altamente pericoloso. Se immaginare un ordigno nucleare fatto e finito è quasi impossibile viste le tecnologie non all'altezza a disposizione di Teheran, il pensiero va subito a una «bomba sporca», ovvero con alcune componenti nucleari al suo interno. Anche se non è facile pensare a un suo utilizzo pratico su territorio israeliano. Intanto, chiusi per prudenza i siti di lavorazione atomica. Difficile l'ipotesi di un'arma batteriologica, resta in piedi quella di un missile ipersonico più potente di quelli utilizzati sabato scorso e assemblato con chissà quali risorse e tecnologie che potrebbe anche essere in grado di sfondare le difese israeliane. La speranza è quella appunto di un bluff dialettico ma la tensione resta altissima. «Gli israeliani non devono ripetere l'errore strategico dell'attacco al consolato, altrimenti l'Iran risponderà in pochi secondi», assicura il vice ministro degli Esteri Ali Bagheri.

Non è un caso che Teheran cerchi alleanze strategiche nell'ambito di quegli stati come Russia e Cina che hanno un potenziale interesse in chiave anti-occidentale. Il presidente della Repubblica islamica Ebrahim Raisi, ha avuto un colloquio telefonico con Vladimir Putin, e tra un attacco verbale agli Stati Uniti tiranni e uno all'Occidente cattivo, ha ribadito che il suo Paese «risponderà a qualsiasi azione contro 'Iran in modo più feroce, esteso e doloroso di prima», ribadendo però di non volere un'escalation. Mentre Putin, lo stesso che da due anni porta avanti una guerra di invasione in Ucraina, ha espresso «speranza che le parti mostrino una ragionevole moderazione». Sull'altro fronte il ministro degli Esteri cinese Wang Li, dopo un colloquio con l'omologo iraniano Hossein Amir-Abdollahian, ha assicurato che «l'Iran vuole dar prova di moderazione e non ha alcuna intenzione di provocare una escalation della situazione in Medio Oriente».

Nell'ambito della strategia che porterà avanti Teheran in caso di attacco da Israele, va però considerato anche il fronte interno. Nonostante la fortissima repressione che punisce chiunque esprima una voce contraria all'azione del regime, specie tra i giovani sta crescendo il malcontento contro gli Ayatollah, spesso manifestata anche con l'ironia. «Francamente se avessero lanciato i cetrioli, le vittime sarebbero state di più», si legge tra i vari commenti sui social. Ecco perché un regime che non tollera opposizione e tantomeno l'ironia, questa volta, potrebbe fare davvero sul serio in caso di attacco. E per questo non può essere sottovalutato a priori.

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