LA "SCUSA" DI PUTIN PER REINTRODURRE LA PENA DI MORTE

Può suonare cinico dirlo, davanti all'eccidio di 140 persone che erano andate a seguire uno spettacolo musicale. Ma la strage della Crocus City Hall, per mano di un commando di terroristi islamici, sembra in grado di risolvere a Vladimir Putin un paio di grossi problemi. Il principale se n'è già trattato è quello di fornire all'opinione pubblica russa una giustificazione (i mandanti sono i «neonazisti» al potere a Kiev, supportati da americani e britannici) per scatenare un inferno senza limiti sulle città ucraine e, soprattutto, imporre una nuova mobilitazione necessaria per spedire al fronte centinaia di migliaia di disgraziati coscritti. Un altro nodo che può essere sciolto grazie allo choc collettivo provocato dalla strage, però, non è meno importante dal punto di vista di Putin: si tratta del ritorno della pena di morte in Russia.

La pena capitale era stata abolita in tutta l'Unione Sovietica nel 1990, ai tempi di Mikhail Gorbaciov, e nonostante il progressivo indurimento del regime russo sotto Putin non è mai stata ufficialmente reintrodotta. Per gli avversari più determinati dell'autocrazia che è al potere da 24 anni, la pena di morte è stata però applicata di fatto: l'hanno subita, tra le figure più note, l'ex spia Alexander Litvinenko, la giornalista Anna Politkovskaja, il tycoon e oppositore politico Boris Berezovskij, il leader liberale Boris Nemtsov, il troppo ambizioso capo della Wagner Evgenij Prigozhin e il numero uno dell'opposizione in Russia Aleksei Navalny. Adesso, sulla spinta dello choc nazionale per il massacro di civili innocenti in una sala da concerti, si potrà tornare ad applicarla «legalmente».

È però facile prevedere che la motivazione ufficiale già indicata «reati di terrorismo e di estremismo» consentirà a Putin di mandare a morte non solo i quattro stragisti di venerdì scorso a Mosca, ma diversi altri personaggi scomodi. «Terrorista ed estremista» era stato etichettato Navalny, che è stato già liquidato in un lager siberiano. «Terrorista ed estremista» è etichettato il suo ex braccio destro Leonid Volkov, che poche settimane fa è stato oggetto di una brutale e «professionale» aggressione in Lituania dove si era rifugiato per sfuggire al carcere. In qualità di «terrorista ed estremista» sta scontando 25 anni di carcere duro l'attivista di opposizione Vladimir Kara Murza. «Mandante di un attentato terroristico» è già stato falsamente etichettato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e con lui la sua «cricca di neonazisti sostenuta dall'Occidente collettivo». Con l'avallo del popolo e la scusa della guerra, Putin potrà presto liberarsi dei suoi più decisi oppositori politici in base a una legge dello Stato russo, anche portando all'estero il suo terrorismo di Stato per assassinare un leader straniero.

Il percorso verso il ritorno della pena capitale in Russia si è già avviato. Il superfalco Dmitry Medvedev l'ha invocato per punire gli stragisti, e il portavoce del Cremlino Dmitry Peshkov ha detto che «per adesso» Putin non si è occupato della questione. Per adesso.

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