LECH WALESA: «NUOVI METODI DI LOTTA PER BATTERE MOSCA»

Il “vecchio leone” ha ormai i baffi bianchi e sulla camicia alla sudamericana – oltre all’immaginetta della Madonna – ben appuntata una spilletta con i colori della bandiera ucraina. Ha appena finito di ascolta un notiziario e nel salutare, un po’ ruvido dice: «Subito le domande. Non ho tempo da perdere: sto lavorando e a 80 anni di tempo non me ne è rimasto tanto».

Lech Walesa, 44 anni fa lei guidava lo sciopero dei cantieri navali. L’Europa, oggi, non sarebbe la stessa senza quella pagina di storia che voi avete scritto qui, nei cantieri di Danzica, dove si trova il suo ufficio. Tra due mesi si vota per l’Europarlamento mentre è in corso la «terza guerra mondiale a pezzi». Come guarda al futuro dell’Unione Europea?Siamo in una situazione in cui i programmi politici non sono in grado di gestire lo sviluppo, la tecnologia supera le barriere degli Stati. Quindi si deve subito passare a una organizzazione non di Stati, ma di continenti e capace di governare la globalizzazione. Da pragmatico, però, osservo che gli Stati non stanno facendo quello che si deve: se non faremo in tempo, distruggeremo la vita su questa terra. Ci sono già state civiltà che sono finite, come quella delle piramidi degli antichi egizi: faremo gli stessi errori? Quelle civiltà sono finite perché non sono passate ad un altro livello di organizzazione per risolvere i problemi del loro tempo.

Oggi i Paesi più grandi rimasti sono la Cina, e la Russia che vuole integrare a sé con forza l’Ucraina con uno stile di azione vecchio. Anche l’Occidentale vuole espandersi, ma attraverso l’unione politica. La domanda aperta è: quale concetto vincerà? Se lotteremo con solidarietà vincerà questo nuovo concetto di unione politica. Anche se sconfiggeremo militarmente la Russia, tra 20 anni Mosca potrebbe rialzare la testa e ci ritroveremmo nella medesima situazione odierna. Dobbiamo organizzarci per trovare nuove soluzioni, servirebbe una tavola rotonda di saggi che lavori su tre punti. Primo: individuare i temi sovranazionali che provocano inquietudine e interesse. Secondo: individuare quali temi possono essere risolti su base continentale e quali globalmente. Terzo: determinare programmi e risorse per risolverli.

La Russia, dunque, è tornata a fare paura. Presidente Walesa, condivide l’affermazione di Donald Tusk, secondo cui in Europa «siamo entrati in un’era pre-bellica»?

L’affermazione di Tusk non è lontana da ciò che sostengo da tempo ma questa situazione «pre-bellica» ha bisogno, necessita di un altro stile di lotta. Quarant’anni fa avevo davanti a me l’Urss e il Patto di Varsavia ma se avessi lottato così come lottavano gli Stati Uniti avrei perso. Ed ora bisogna usare lo stesso metodo non violento mentre quello che stiamo facendo adesso ci porterà a una sconfitta, ci può portare alla guerra mondiale.

Si è riaperto il dibattito su una Difesa comune europea. Potrebbe essere un passo per una risposta coordinata?

Abbiamo armi sufficienti per distruggere per sei volte la vita nel mondo. Ora i politici chiedono armi per distruggere la vita una settima volta: bastano sei volte!

In Polonia il PiS sovranista ha perso le elezioni politiche ma non è sconfitto. Il sovranismo può fermare il percorso di integrazione europea?

Domanda nel vecchio stile: le vecchie strutture partitiche non sono conformi all’epoca nella quale stiamo entrando. I partiti di sinistra hanno dei programmi di destra e viceversa. Bisogna ridefinire cosa sia oggi la destra e la sinistra. I politici già si rendono conto che i vecchi metodi non sono buoni, ma mancano nuovi concetti: dobbiamo subito cercare nuovi metodi. Solo se abbiamo fiducia l’uno nell’altro può iniziare una nuova costruzione politica. Ci sono tre temi da affrontare, tra dimensione continentale e globale: quali principi devono unire i cittadini europei sinora in competizione e quali principi devono unire il mondo globalizzato. Secondo: quale sistema economico scegliere. Il comunismo parla di uguaglianza e di giustizia, ma i giovani non sanno che non si può realizzare, che ha provocato miseria: noi lo abbiamo rifiutato. Rimane il capitalismo, ma capitalismo vuol dire competizione spesso poco onesta e provoca disoccupazione perché non tutti sopportano la competizione. Quindi dobbiamo aggiustare il nuovo capitalismo: si deve lasciare il mercato libero ma dando un lavoro che abbia senso ai disoccupati. Il terzo punto: fino al XX secolo i popoli riconoscevano Dio, con nomi diversi, ma esisteva nella coscienza comune. Oggi siamo andati oltre. Abbiamo avuto paura dell’Unione Sovietica e del comunismo, ma ce l’abbiamo fatta: rimane il problema di come governare i popoli che non hanno nessun freno, nessun ideale.

Walesa, con papa Wojtyla, lei è stato determinante nel far cadere il muro di Berlino. Giovanni Paolo II diceva sempre che la Polonia ha un ruolo storico. Quale può essere ora la “missione” della Polonia?

Nei tempi nei quali ho lottato io dovevamo distruggere il vecchio regime, ma per costruire un nuovo ordine migliore: questo scopo l’abbiamo affidato alla democrazia. A un certo punto avrei potuto continuare la mia attività politica, ma non sarebbe stato democratico: ho sbagliato? Mi sono messo da parte, perché si cerchino soluzioni democratiche. Adesso giro il mondo, faccio conferenze: cerchiamo nuove soluzioni o vogliamo distruggere completamente la vita?

Nel 1983 lei ha ricevuto il premio Nobel per la pace.

«Sì, io ho ricevuto il premio Nobel per la vittoria sul comunismo, mentre Gorbaciov per la sconfitta del comunismo». Ride.

Papa Francesco, a Pasqua, ha chiesto a Mosca e Kiev lo scambio di tutti i prigionieri. Presidente, la pace è possibile tra Russia e Ucraina?

Oggi come oggi i russi sparano e quindi l’unica risposta è sparare, ma bisogna dedicare più tempo all’informazione per convincere la popolazione russa che noi non vogliamo lottare contro di loro e che loro devono lottare contro il loro sistema politico interno. Non è Stalin, non è Putin: è il sistema che li fa diventare dei banditi. Questo metodo di lotta durerà di più: per esempio far sapere alle città russe, con volantini lanciati da droni, quanti sono morti in guerra a causa di Putin, far sapere che noi vogliano aiutare la popolazione. Questo va messo in moto con la radio, con altri media. Far capire il valore della democrazia e rafforzarla con metodi semplici: non più di due mandati consecutivi; ogni eletto può essere revocato se si raccolgono più firme dei voti ricevuti; trasparenza nei finanziamenti. Così si migliora la democrazia nel mondo, mentre oggi mancano nel mondo questi meccanismi di autocontrollo.

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