LUCIANO PORTOLANO: «L’ECONOMIA DI GUERRA RUSSA IMPONE ALL’EUROPA UNO SCATTO. IL 2% ALLA DIFESA? IL MINIMO»

Il generale di corpo d’armata Luciano Portolano, 63 anni, è il segretario generale del ministero della Difesa e direttore nazionale degli armamenti.

Si può dire, generale, alla luce del ritorno della guerra convenzionale in Europa, che sia ormai improcrastinabile la trasformazione delle Forze Armate italiane? «Di sicuro è necessario affrontare un processo di adattamento che tocchi tutti gli aspetti. Un cambiamento che deve tenere conto della evoluzione dei conflitti in vera e propria guerra ibrida».

La preoccupa il fatto che sia il Mediterraneo che l’Indo-Pacifico, entrambe aree di diretto interesse per l’Italia, non risultino più immuni dal ciclo d’instabilità internazionale? «Né l’Indo-Pacifico né il Mediterraneo sono mai stati immuni. Ciò che preoccupa, piuttosto, è la pericolosa spirale di escalation a cui stiamo assistendo. Le due regioni sono fortemente interconnesse e ne abbiamo prova dalle conseguenze degli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso che stanno influendo negativamente sulle economie dei nostri Paesi».

Oggi sono 761 giorni dall’inizio della e non si vede la fine. «La fase di stallo è sotto gli occhi di tutti. A oggi non è certa l’intenzione di Mosca di porre in essere un’ offensiva di terra, ciò che è invece più verosimile è che la Russia sembri intenzionata a puntare a un conflitto di logoramento, nella convinzione che, nel lungo periodo, le opinioni pubbliche occidentali si stancheranno con possibili defezioni tra i ranghi dei Paesi sostenitori di Kiev».

L’Europa dovrebbe fare di più per in termini di armamenti? E l’Italia? «L’Europa ha mantenuto una risposta coesa e l’Italia ha fornito fino ad ora già 8 pacchetti di aiuti. Il tema principale però è che ci troviamo in una situazione in cui all’Europa e all’Italia viene chiesto di fornire un supporto in termini di sistemi, armi e munizioni in un contesto di guerra, senza nel contempo adottare un’economia di guerra, ciò che invece la Russia ha fatto. In questo senso, la superiorità in capacità produttiva dell’industria bellica russa rispetto a quella europea è oggettiva, tanto che si incontrano difficoltà a garantire il costante supporto alle esigenze ucraine di munizionamento e sistemi d’arma. Per questo, ci si sta muovendo, sia in ambito Nato che in ambito Ue, per migliorare la produttività delle nostre industrie: con fondi comuni, procurement congiunti tra Paesi, sviluppo di aggregazioni industriali».

Lei è favorevole al ritorno della ? «Non ritengo sia oggi una soluzione percorribile in Italia. Viviamo tempi difficili in cui sono necessari professionisti seri e preparati. Le Forze Armate hanno bisogno di esperti di cyber, ingegneri persino hacker. Lascia ben sperare la delega del Parlamento al governo per il progetto di creazione di una Riserva ausiliaria dello Stato».

Destinare il 2% del Pil per è troppo o troppo poco? «Come deciso dai Paesi Nato al vertice di Vilnius (luglio 2023, ndr) destinare il 2% del Pil alle spese per la Difesa è considerato il punto di partenza, non più un punto di arrivo. Investire nella Difesa ed aspirare ad avere uno strumento militare adeguatamente dimensionato, bilanciato ed evoluto tecnologicamente significa investire in stabilità e sicurezza ovvero creare le condizioni per la pace e il benessere del nostro Paese e dei nostri alleati».

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