QUANDO IL «GIOVANE BERLUSCONI» DISSE A DELL’UTRI: «QUA DOBBIAMO FARE NOI UN PARTITO». TRENT’ANNI FA LA PRIMA VITTORIA DI FORZA ITALIA

«Io in politica? Giammai... Io sono l’uomo del fare. Quindi lasciami fare bene il mestiere che so fare: l’imprenditore...». Silvio Berlusconi, incalzato in tv da Mike Bongiorno nel 1990, da tycoon Fininvest rispondeva così riguardo l’ipotesi di un salto in politica. Un’era geologica fa. E oggi, e a 30 anni precisi dalla prima vittoria elettorale con Forza Italia (28 marzo 1994), B&B Film lancia su Netflix «Il giovane Berlusconi», una serie che racconta il Cavaliere più inedito, Una storia raccontata in presa diretta dai protagonisti di questa storia, che ha cambiato i destini dell’Italia. Ci sono i racconti inediti dei bracci destri (ma anche sinistri) come Fedele Confalonieri e Adriano Galliani. Ma soprattutto di Dell’Utri, che racconta di quando Berlusconi gli disse: «Marcello, qua dobbiamo fare noi un partito». Non mancano i ricordi dei grandi avversari politici come Achille Occhetto: «Non eravamo preparati alla sfida di Berlusconi, perché quelle televisioni cambiavano la percezione della realtà culturale e politica del Paese». Non si risparmiano anche gli aspetti più controversi, con immagini di archivio e particolari mai raccontati: dagli esordi degli anni ‘70, da Milano 2 all’invenzione della tv commerciale fino al grande salto in politica.

«Il giovane Berlusconi» in streaming in Italia a partire dall’11 aprile. B&B Film, la casa produttrice, ha lavorato a questa docufilm per tre anni, che, vista la complessità della ricostruzione, ha portato a realizzare tre episodi.

Il racconto, ça va sans dire, non può che partire dal boom edilizio anni ’60. dove per evitare la selva delle antenne sui tetti, si progetta, per la prima volta in Italia, la cablatura di tutta la cittadina con il cavo coassiale. Ed è così che, nel 1974, in un sottoscala nasce una televisione al servizio dei residenti che possono seguire la messa, le riunioni di condominio, le attività sportive dei propri figli e la pubblicità del negoziante sotto casa. Nessuno, all’epoca, avrebbe immaginato che da lì a poco la televisione condominiale di TeleMilanoCavo si sarebbe trasformata in uno dei più grandi gruppi televisivi privati europei.

Si arriva poi al 1970, il decennio buio del terrorismo, con Berlusconi che per far evadere gli italiani trasmette programmi vivaci e al tempo stesso rassicuranti, con la pubblicità a fare da anima e motore commerciale. Il monopolio della Rai viene aggirato dal cosiddetto «pizzone» di Berlusconi, un nastro registrato con programmi e pubblicità che viene consegnato a tutte le emittenti, sparse lungo il territorio nazionale, affiliate con Canale5, che ha ormai sostituito TeleMilano. Con questo escamotage rudimentale quanto geniale, una piccola televisione locale di Milano riesce a far sentire la sua voce in tutta Italia e a vendere tanti, tantissimi, spot. Le reti Fininvest mandano in onda telequiz, soap opera, telefilm americani, cartoni animati giapponesi, calcio, programmi comici. Berlusconi parla al consumatore e agli inserzionisti.

«È da questo momento - ricostruisce il docufilm — che i confini tra i due mondi si faranno più labili, la comunicazione berlusconiana plasma un pubblico nuovo, che presto diventerà elettorato. E non si ferma: per tutti gli anni ’80 l’impero di Berlusconi cresce così a dismisura, inglobando, oltre alle televisioni e alla pubblicità, anche l’editoria, giornali, riviste, assicurazioni, banche, catene di negozi e una squadra di calcio, l’Ac Milan, rendendo ancora più popolare la sua immagine di imprenditore di successo».

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