PERCHé IL SANTINO NON è BERLUSCONI

Caro Aldo, certo è che Forza Italia non può fare a meno di Berlusconi: il suo nome compare ancora nel logo del partito, quale presidente. Ma non è defunto? Natale Occhipinti Va bene il rispetto per una persona che non c’è più, ma ricordarlo con un francobollo mi sembra esagerato. Umberto Tassi L’Italia è un Paese che ha il berlusconismo nel sangue, Silvio è stato il sogno americano degli italiani. Si merita il francobollo. Carlo Martino Ho visto il primo episodio della docu-serie su Berlusconi, io dico che bisogna giudicare la serie, non lui, a me è piaciuto. Grande imprenditore, è entrato nella storia e bisogna farsene una ragione. Enrico Grillo

Cari lettori, Non c’è dubbio che Silvio Berlusconi appartenga alla storia d’Italia. Proprio per questo merita di essere raccontato nella sua complessità, nei suoi chiaroscuri, restituendo i motivi per cui è stato tanto amato e tanto avversato. Il santino che si sta dipingendo a meno di un anno della sua scomparsa non gli assomiglia. Nel male, e neppure nel bene. Berlusconi non solo è stato condannato in via definitiva per reati fiscali (una medaglia al valore, nel Paese in cui evasori ed elusori vengono applauditi). Berlusconi ha comprato senatori, per ammissione del comprato — Sergio De Gregorio — e del mediatore, Valter Lavitola. Berlusconi ha comprato sentenze, tramite l’avvocato Previti, che tentò di portare al ministero della Giustizia, fermato da Scalfaro, la cui memoria è stata poi demolita dai media berlusconiani. Soprattutto, Berlusconi è il vero fondatore del populismo italiano, che sdoganò sia «i fascisti» (li chiamava lui così) sia la Lega all’epoca separatista. Ciò detto, dall’altra parte non c’era un esercito di angeli dediti al bene. C’erano uomini che erano stati comunisti per tutta la vita, epigoni di un fallimento e di una tragedia, che nonostante questo si ammantavano di una superiorità morale in molti casi del tutto immaginaria. Ecco, il santino non è un’esaltazione, è una riduzione di Berlusconi. Che fino all’ultimo ha rivendicato la sua ribalderia, il suo vitalismo, il suo spirito di combattente, lo stesso che l’ha portato a fondare la tv privata in Italia e a vincere cinque Coppe dei Campioni, tre più di Agnelli. A guardare le fiction o a leggere certi articoli viene in mente il quadro di Magritte, con la pipa e la scritta: «Questa non è una pipa». Ecco: questo non è Berlusconi.

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