SUSLOV, CONSIGLIERE DEL CREMLINO: «STIAMO VINCENDO SUL CAMPO, MA NON CI BASTANO I TERRITORI. L’UCRAINA DEVE ESSERE NEUTRALE»

«La Russia non combatte questa guerra per i territori ma per garanzie e accordi blindati sulla sicurezza. L’Ucraina deve essere assolutamente neutrale».

Dmitrij Suslov dirige il Centro di studi europei e internazionali presso la Scuola superiore di Economia di Mosca ed è uno dei più ascoltati consiglieri di politica estera del Cremlino.

A che punto è la guerra? «La situazione delle forze sul terreno è ormai evoluta decisamente in senso favorevole alla Russia, che prevale sotto ogni aspetto, armi, soldati, vantaggio dell’iniziativa. L’unico campo dove c’è un certo equilibrio sono i droni. E questa situazione non è destinata a cambiare neppure nel medio periodo. Anche se gli USA dovessero sbloccare i famosi 60 miliardi di aiuti militari a Kiev fermi al Congresso, l’Occidente non potrebbe compensare la produzione militare russa per anni a venire».

, non avrà un effetto sul campo? «No. Riflette la situazione disperata in cui si trovano in questo momento l’Ucraina. Guardi, il quadro generale interno è disastroso per Kiev: demograficamente, economicamente, socialmente e anche politicamente. La popolarità di Zelensky è in calo, c’è crescente sfiducia e instabilità. L’unica istituzione di cui gli ucraini ancora si fidano sono le forze armate».

In questi giorni si torna a parlare di cessate il fuoco e negoziati. Gli svizzeri hanno anche indetto una conferenza di pace in giugno, dove la Russia ha detto che non andrà. Cosa c’è di concreto? «Si capisce. Se consideriamo la situazione in Ucraina e teniamo presente la prospettiva delle elezioni americane e le difficoltà degli europei in termini di tenuta del sostegno a Kiev, allora si spiega la crescente pressione e il lavorio in atto fra gli occidentali verso una qualche forma di congelamento e di trattativa. Non c’è dubbio: c’è un intenso movimento diplomatico, vedi la conferenza svizzera che si vuole potenziale tribuna per il negoziato. Vista dalla prospettiva russa, l’Amministrazione Biden è interessata a un cessate il fuoco prima delle elezioni presidenziali, che potrebbe essere presentato come passo mirato a preservare l’Ucraina come Paese sottratto all’influenza russa e filo-occidentale, nonostante il destino di alcuni suoi territori rimarrebbe sospeso. In più, al vertice Nato di luglio a Washington, gli alleati farebbero il gesto simbolico di annunciare la promessa di ancorarla al sistema di sicurezza dell’Occidente. Ci sono già accordi bilaterali di molti Paesi con Kiev, Tony Blinken parla di mano tesa della Nato e l’Unione europea ha già dichiarato l’Ucraina candidata. Riassumendo, gli Stati Uniti vorrebbero congelare il conflitto, in cambio di una intensificazione della cooperazione dell’Ucraina con l’Occidente, compreso il riarmo, ma senza per il momento l’ingresso della Nato».

Se così fosse, verrebbe fotografata la situazione sul campo, che come lei ha spiegato vede la Russia in netto vantaggio. Non è una buona base da cui partire? «Ottima domanda: la risposta è no, assolutamente no. Vede, la Russia non combatte questa guerra per i territori ma per garanzie e accordi blindati sulla sicurezza. Il minimo accettabile per un armistizio potrebbe essere un ritorno al comunicato di Istanbul dell’aprile 2022, ma con il riconoscimento di fatto (se non de iure) del controllo russo sui territori conquistati. Quel documento stabiliva uno status neutrale per l’Ucraina, quindi la fine di ogni discorso su una eventuale adesione alla Nato e limiti stretti alle dimensioni delle sue forze armate. In più la Russia chiede una robusta limitazione anche alla collaborazione militare e di intelligence tra Occidente e Ucraina, cioè nulla di quanto accade adesso in termini di forniture d’armi, formazione, addestramento, scambio di informazioni. Il Cremlino considera queste precondizioni irrinunciabili, ma sappiamo che per l’Occidente sono molto difficili da accettare e perfino da discutere. Per questo siamo convinti che le chance di una tregua nel futuro prevedibile siano molto basse. La questione di fondo è che per noi l’Ucraina dev’essere veramente neutrale. Tenere in piedi l’attuale livello di cooperazione tra Kiev e gli occidentali dopo una tregua sarebbe una sconfitta per la Russia e questo per il Cremlino non sarà mai accettabile».

cambierebbe tutto? «Dal punto di vista della Russia, no. Anche se Trump fosse rieletto, la posizione americana non cambierebbe radicalmente. Un’Amministrazione Trump spingerebbe probabilmente per un piano simile a quello di Biden. Quando Putin ha detto di preferire Biden a Trump, perché l’attuale presidente è più prevedibile, non era solo una boutade. Vede, se Mosca rigettasse l’offerta americana, Biden una volta rieletto sarebbe comunque attento a non provocare un’escalation e continuerebbe a muoversi come fa adesso. Ma se vincesse Trump, e Mosca rifiutasse il deal americano com’è nelle cose, allora la sua reazione probabile sarebbe di intensificare l’aiuto a Kiev ed eventualmente fare mosse rischiose che potrebbero portare anche a un confronto nucleare tra Russia e Nato. L’Amministrazione Biden è molto critica dell’idea di Macron di inviare truppe occidentali a combattere in Ucraina, ma nessuno sa quale sia la posizione di Trump in merito».

Guardiamo alla situazione interna della Russia. Putin è stato rieletto con una maggioranza del 90%, rafforzando la sua posizione, ma poche settimane dopo c’è stato il terribile attacco dell’Isis alla Crocus City Hall. Il sistema è più fragile di quanto si pensi? «L’attacco terroristico non ha cambiato la situazione politica, non ha minato la fiducia pubblica in Putin che rimane alta e soprattutto non mette in discussione le politiche del governo. Il Cremlino accredita la versione che l’Ucraina abbia qualcosa a che fare con l’attentato e questo lo rende compatibile con l’intera narrazione sulle ragioni della guerra».

Ma è un solo un racconto, visto che tutto parla di un’azione concepita e realizzata completamente dallo Stato islamico. «Noi la vediamo diversamente, perché le azioni che l’Ucraina ha condotto prima e dopo le elezioni presidenziali russe, si muovono in questa linea. Ricordiamo gli attacchi terroristici e con droni che sono stati condotti da forze ucraine sul territorio russo. E non da ora».

forniti dagli americani? «Il governo li ha presi sul serio e qualche misura precauzionale è stata presa, ma l’attentato non è avvenuto nello spazio di tempo che avevano predetto gli americani, secondo i quali doveva aver luogo nel periodo dell’elezione presidenziale».

L’economia russa è cresciuta del 3,6% nel 2023, ma è una crescita trainata solo dalla spesa militare. È sostenibile un’economia di guerra nel lungo periodo, a spese dei consumi e del livello di vita della popolazione? Non rischiate di finire come l’URSS, che non resse la corsa agli armamenti? «In realtà, stanno crescendo anche l’agricoltura e il settore delle costruzioni. Ma è vero, l’elemento trainante è la spesa militare. Vede, dalla nostra prospettiva, la confrontazione con l’Occidente continuerà per anni, a prescindere da quanto durerà la guerra in Ucraina. La situazione geopolitica è radicalmente cambiata. La Svezia e la Finlandia sono entrate nella Nato. Noi siamo determinati a continuare il nostro riarmo. Con o senza cessate il fuoco, il nostro complesso militar-industriale continuerà a crescere e rafforzarsi. Ma questo è vero anche per l’Occidente. Certo, nel lungo periodo per noi questo potrebbe risultare in qualche distorsione economica, ma nulla di paragonabile a quelle che portarono alla crisi del regime sovietico, che era un sistema inefficiente e obsoleto. E comunque oggi la spesa militare della Russia in rapporto al PIL è di molto più bassa di quella dell’Unione Sovietica. La domanda per armi continuerà a crescere per decenni, una volta finita la guerra in Ucraina continueremo a produrle, la decisione strategica è quella di avere un esercito ancora più grande, e inoltre potremo riprendere a esportare i nostri sistemi nel Sud globale».

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