«VIA CRUCIS A GERUSALEMME VIETATA AI CRISTIANI DELLA CISGIORDANIA»

Ogni venerdì, i francescani di Terra Santa percorrono la Via Crucis inerpicandosi tra i quartieri della Città vecchia, attraverso il labirinto fitto di vicoli, portici, mercati che affacciano sui luoghi sacri delle tre religioni monoteiste. Ora l’antico reciproco rispetto per i riti sacri è nient’altro che un ricordo.

E quest’anno neanche i cristiani di Palestina potranno recarsi sui luoghi della Passione di Cristo. «Gerusalemme è sempre stata al centro di conflitti e tensioni. La convivenza fra gli appartenenti alle tre religioni è stata difficoltosa ma possibile», commenta padre Ibrahim Faltas, il francescano egiziano eletto nel 2022 vicario della Custodia di Terra Santa. Giovedì Hamas ha chiamato a un’escalation di proteste e attacchi contro Israele a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme, alla vigilia del primo venerdì nel mese sacro del Ramadan. Poco dopo la polizia israeliana ha segnalato l’accoltellamento di un soldato in un ristorante nel sud del Paese. L’aggressore, un 22enne della vicina città beduina di Rahat, è stato ucciso. Ma non è questa la causa delle limitazioni decise dal governo giorni addietro.

«Gli uomini che hanno meno di 55 anni e le donne che hanno meno di 50 anni non possono arrivare fino alla Spianata delle Moschee per pregare. Noi cristiani siamo in Quaresima e fra pochi giorni inizierà la Settimana Santa», aggiunge padre Faltas, con l’amarezza di chi sa cosa vuol dire negare la preghiera e di quali conseguenze possa avere. E a pagarne il prezzo non saranno solo i musulmani. «Per la Santa Pasqua i cristiani della Cisgiordania – spiega il vicario della Custodia – non avranno i permessi per venire a pregare a Gerusalemme e non potranno seguire la processione della Domenica delle Palme».

Una punizione collettiva che colpisce indiscriminatamente i palestinesi. Venerdì non solo gli islamici hanno subito il sostanziale divieto di pregare nella Città Vecchia, anche la Via Crucis della Quaresima non ha visto in processione i cristiani palestinesi, mentre si avvicina anche il cammino verso il tempo della “Pesach”, la Pasqua ebraica. «Noi Francescani ogni venerdì percorriamo la Via Dolorosa per la Via Crucis, che in Quaresima viene seguita maggiormente da pellegrini e cristiani locali ma a causa di scontri nella Città Vecchia, non è stato possibile pregare lungo la via Dolorosa per motivi di sicurezza».

Il Ramadan, la Pasqua di Resurrezione, la Pesach. Non solo i luoghi sacri sono ravvicinati, ma anche i momenti centrali delle tre religioni si celebrano l’uno a ridosso dell’altro. «Se prima era possibile avere una certa convivenza anche durante periodi comuni di feste religiose – ricorda padre Falthas –, non posso immaginare cosa succederà in questo periodo di guerra, in un clima di continua tensione». Estremismi e fanatismi si sfidano in un crescendo di mattanze e rancori.

«Siamo nel tempo forte della Quaresima, e a Gerusalemme le celebrazioni e le liturgie della Passione e Morte di Nostro Signore si vivono nei luoghi dove tutto è avvenuto.

La Quaresima è un tempo di riflessione profonda che ci porta alla vita nuova, alla Resurrezione», ripete Faltas provando a cercare la speranza anche laddove sembra perduta: «Nel contesto doloroso di una guerra devastante si sente più forte la necessità della preghiera, che diventa bisogno e necessità per chi ha fede. La guerra, l’odio, la discordia non consentono a chi ha fede di pregare nei propri luoghi santi e questo non è giusto. Gerusalemme è al centro della contesa: preghiamo perché diventi centro di unità, di rispetto, di amore per tutta l’umanità».

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