COSA C'è DIETRO IL PENTIMENTO DI SANDOKAN: MISTERI DA CHIARIRE E MESSAGGI

Il tam tam delle indiscrezioni era in corso da ore, tanto che la notizia era già filtrata su alcuni quotidiani e siti d'informazione campani. Ma la confermata è arrivata solo stamani da parte della Direzione nazionale antimafia. L'ex superboss dei Casalesi Francesco Schiavone, soprannominato Sandokan, ha deciso di avviare un percorso di collaborazione con l'autorità giudiziaria. Una scelta che, a quanto si è appreso, sarebbe maturata nelle ultime settimane, durante le quali i magistrati della Dna e quelli della Direzione distrettuale antimafia di Napoli hanno cercato di "proteggere" la notizia, per poter raccogliere i primi elementi necessari alla collaborazione e lavorare nel massimo riserbo.

L'ex re del clan dei Casalesi

Francesco Schiavone ha settant'anni ed è dietro le sbarre dal 1998, quando venne catturato dalle forze dell'ordine mentre si nascondeva in un bunker a Casal di Principe, nel Casertano. Condannato all'ergastolo per numerosi delitti, viene detenuto in regime di 41 bis. Da qualche anno, ha una patologia tumorale. E da poco tempo è stato trasferito nel penitenziario dell'Aquila, in Abruzzo, dove si trovano altri reclusi con un passato criminale di peso. È il secondo capoclan dei Casalesi a pentirsi dopo Antonio Iovine, detto ‘o ninno, che ha iniziato il percorso di collaborazione dieci anni fa. Ma col pentimento di Schiavone, potrebbe aprirsi una fase ancor più importante nel contrasto giudiziario alla camorra di quel territorio e nella ricostruzione di episodi criminali efferati rimasti ancora da chiarire. Già perché Sandokan (appellativo forse dovuto alla lunga capigliatura e alla barba che portava da giovane, che lo rendeva simile al personaggio interpretato in tv da Kabir Bedi), insieme al boss Francesco Bidognetti è fra i fondatori del cosiddetto clan dei Casalesi ed è stato per decenni un leader della camorra. Una carriera criminale iniziata da giovanissimo, coma guardaspalle del boss Umberto Ammaturo, e proseguita - un delitto dopo l'altro - nella cruenta guerra fra clan che insanguinò la Terra di Lavoro. Arrestato per la prima volta a 18 anni per porto abusivo di arma da fuoco, ha continuato a inanellare reati fino alla sua cattura da latitante, ventisei anni fa.

I primi segnali del pentimento

Schiavone è stato condannato all'ergastolo nel maxi processo Spartacus e per diversi omicidi. Prima di lui hanno deciso di pentirsi il primogenito Nicola, nel 2018, quindi nel 2021 il secondo figlio Walter. Restano in carcere gli altri figli: Emanuele Libero, che uscirà di cella ad agosto prossimo, e Carmine. Mentre la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa, non vive più a Casal di Principe.

Chi da anni analizza il contesto criminale, legge fra i segnali dell'avvio del pentimento il fatto che due mesi, per la prima volta, in videocollegamento col tribunale di Napoli il boss abbia richiesto il rito abbreviato in un processo che lo vede imputato per tre omicidi (Luigi Diana, Nicola Diana e Luigi Cantiello). Un cambio di rotta deciso, dopo anni spesi nelle aule giudiziarie a proclamare la propria innocenza.

La protezione dei familiari

La notizia del pentimento del boss arriva a pochi giorni dal trentennale dell'uccisione di don Peppe Diana, il sacerdote e capo scout fatto assassinare proprio dai Casalesi. In questi giorni, diversi investigatori delle forze dell'ordine si sarebbero recati a Casal di Principe per proporre ai parenti del capoclan, tra cui uno dei figli, di entrare nel programma di protezione del ministero dell'Interno per i collaboratori di giustizia e le loro famiglie, a conferma della volontà di Sandokan di collaborare con la Dda di Napoli.

Messaggi occulti e misteri da svelare: dagli omicidi alla Terra dei fuochi

In queste ore, c'è chi legge la decisione di Schiavone come un possibile messaggio indiretto (l'alternanza di "detto e non detto" caratterizza il linguaggio iniziatico e criptico delle mafie) rivolto a qualcuno che voglia raccoglierne l'eredità, con l'intento di convincerlo a non provare a riorganizzare il clan. Una sorta di avvertimento, del tipo "Conosco tutti i segreti", per mettere una pietra tombale sulle aspirazioni di altri possibili successori. Ma la collaborazione dà luogo ad aspettative soprattutto su un altro versante, perché potrebbe far luce su alcuni misteri irrisolti, come l'uccisione in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino, e soprattutto sugli intrecci tra camorra e politica, considerato il notevole peso criminale e i molteplici affari miliardari (appalti, droga, traffico di rifiuti tossici) in cui i casalesi hanno avuto le mani in pasta.

"Se la collaborazione sarà rispettosa della verità, alcuni pezzi di storia fin qui conosciuti cambieranno e saranno riscritti in base a quanto veramente accaduto. A cominciare dalla scomparsa di Antonio Bardellino e dall'identità delle sponde politiche e imprenditoriali del clan", considerano oggi i componenti della commissione Legalità dell'Ordine dei giornalisti della Campania. Ciò perché "Schiavone potrebbe, innanzitutto, chiarire se in questi anni il 41 bis ha funzionato, ma soprattutto potrebbe svelare la rete di relazioni della camorra con l'ala imprenditoriale e politica che ha permesso la sopravvivenza del gruppo criminale fra i più pericolosi in Europa". La commissione si augura pure "che siano resi noti i patti che hanno condannato la periferia di Caserta e Napoli all'identificazione con la Terra dei fuochi a causa di sversamenti abusivi di rifiuti speciali, in modo che non fosse possibile la creazione di un sistema circolare per lo smaltimento dei rifiuti. Schiavone renda noto i contatti con le mafie nell'area vesuviana".

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