NON SOLO ARMI, PER L'UCRAINA ANCHE AIUTI «AGRICOLI»

Il Consiglio europeo e il Parlamento hanno recentemente definito un nuovo accordo preliminare per garantire l’estensione delle agevolazioni sulle importazioni agricole dall’Ucraina fino al 5 giugno 2025. L’accordo, tuttavia, non è privo di eccezioni e clausole di salvaguardia. Laddove le importazioni da Kiev causassero eccessive distorsioni al mercato agricolo interno, la Commissione avrà facoltà di porre in essere misure restrittive. Rimangono in ogni caso quote su pollame, uva, zucchero, mais, grano saraceno e miele. In particolare, le importazioni di tali prodotti non devono superare i volumi medi osservati tra la metà 2021 e la fine 2023. Sebbene vi siano limitazioni e clausole, la definizione dell’intesa è da considerarsi un successo alla luce dal fatto che, in questi ultimi due anni, il sostegno all’Ucraina da parte dei Paesi UE ha conosciuto le maggiori incrinature e divisioni esattamente in ambito agricolo.

La situazione è divenuta particolarmente complessa all’indomani dell’iniziativa denominata “Corsie della solidarietà”, che prevedeva l’organizzazione di canali di transito agevolati nei Paesi dell’Unione per i beni agricoli ucraini che non potevano più essere esportati attraverso il Mar Nero. Il massiccio flusso di beni agricoli ha però finito con l’aumentare in maniera inaspettata l’offerta di tali beni nei Paesi confinanti con l’Ucraina (Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria), determinando di conseguenza una riduzione sostanziale dei prezzi di molti beni agricoli. Inevitabilmente gli agricoltori di questi Paesi hanno protestato, esercitando pressioni sui loro governi affinché implementassero restrizioni commerciali sul transito e la vendita di beni agricoli ucraini all'interno dei loro confini. E quindi Polonia, Ungheria, Slovacchia e Bulgaria, nell’aprile del 2023, avevano approvato divieti all’importazione di grano ucraino, facendo nel contempo pressione sulla Commissione perché si reintroducessero tariffe sulle importazioni di grano e semi oleosi ucraini. L’UE e il governo dell’Ucraina hanno criticato le misure unilaterali, ma è stato necessario raggiungere un compromesso nel maggio 2023, quando l’UE ha adottato “misure preventive eccezionali e temporanee” per mantenere il divieto sulle vendite interne di grano, mais, colza e semi di girasole ucraini nei cinque Stati membri, consentendo comunque l’esportazione di questi prodotti verso gli altri Paesi. La controversia è però andata avanti. Nel luglio del 2023 i ministri dell’agricoltura dei cinque Paesi menzionati hanno annunciato pubblicamente il mantenimento unilaterale del divieto alle importazioni dall’Ucraina. Il governo di Kiev, dal canto suo, il 18 settembre si è rivolto all’organo di risoluzione delle controversie dell’Organizzazione mondiale del commercio per le misure imposte da Polonia, Ungheria e Slovacchia. Il dissidio non si è ricomposto, tanto che tra febbraio e marzo di quest’anno ha fatto notizia il blocco operato dai contadini polacchi al confine per impedire il transito dei prodotti ucraini.

Le divisioni e le tensioni in ambito agricolo impongono quindi una riflessione in merito alla complessità del supporto a Kiev e al ruolo dell’UE. Se il sostegno militare all’Ucraina non è stato mai messo in discussione, l’adozione di misure di lungo periodo, come una piena integrazione economica, risultano difficili da implementare. Eppure, anche in questo caso, la storia ci fornisce una lezione importante rispetto all’inevitabilità di certe scelte. La prosperità europea, infatti, è anche riconducibile alla Politica agricola comune (PAC) che, entrata in vigore nel 1962, costituiva un insieme complesso di interventi a favore del settore agricolo al fine di garantire l’autosufficienza alimentare ed evitare un rapido svuotamento delle campagne. In pratica, se consideriamo propriamente la storia dell’integrazione europea come un percorso di pacificazione del continente dopo secoli di guerra, dobbiamo interpretare la politica agricola come uno dei pilastri di tale percorso nonostante le innumerevoli critiche che essa ha raccolto negli anni. Riportando questa prospettiva agli accadimenti di oggi, non si può immaginare un ruolo pacificatore dell’UE e la costruzione di una nuova unione stabile in assenza dell’integrazione in maniera compiuta dell’Ucraina nel nostro sistema agricolo. A differenza dell’esperienza storica successiva alla Seconda Guerra Mondiale, però, noi abbiamo la necessità di procedere in questa direzione fin da oggi mentre la guerra è ancora in corso. A tal fine, è necessaria una profonda riscrittura dell’attuale PAC unitamente a un nuovo impegno finanziario. L’enfasi che oggi si pone sul riarmo e su una futura Difesa comune – che appare comunque lungi dall’essere realizzata – pone purtroppo in secondo piano la necessaria riflessione sulla più ampia architettura economica che servirà non solo a supportare Kiev, ma anche a integrarla pienamente nell’Unione.

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