SCUOLA E RAMADAN: COSA CI INSEGNA IL CASO DI PIOLTELLO

Il caso della scuola di Pioltello (la chiusura della scuola nell'ultimo giorno di Ramandan, il 10 aprile prossimo, ndr), sta suscitando reazioni scomposte e viscerali. È un vero peccato e soprattutto una palese dimostrazione di inadeguatezza di fronte alla sfida del pluralismo culturale e religioso che caratterizza la nostra società, ci piaccia o meno.

Conosco bene la zona, fra le più multietniche d’Italia, dove già da tempo famiglie e comunità musulmane collaborano in svariati modi con l’istituzione scolastica: persino laureate in materie scientifiche si offrono gratis per corsi di recupero di matematica pomeridiani e aperti a tutti coloro che ne hanno bisogno. Poche sere fa, condividendo una cena di Ramadan con amici turchi che ci vivono, ho chiesto a uno dei loro figli, alunno delle elementari, come si regolasse per il digiuno, e mi ha risposto che lo osserva soltanto il sabato e la domenica.

Del resto, anche la refezione da tempo si è adeguata: non solo offrendo menu alternativi per musulmani o ebrei (che condividono le stesse restrizioni rispetto alla carne di maiale o al tipo di macellazione anche del pollame), ma pure per vegetariani, celiaci e via dicendo.

La complessità del reale spaventa coloro che non hanno alcuna autentica identità forte e matura e si allarmano di fronte a qualsiasi differenza. Le nostre scuole sono già da decenni impegnate a gestire con buon senso e misura numerose situazioni in cui c'è ampio spazio per le cose negoziabili all'interno di una società aperta e pluralista, senza tuttavia ammettere e anzi prevenendo in ogni modo forme di costrizione, come nel caso del velo portato già da alcune bambine, delle mutilazioni genitali femminili – fortunatamente rarissime – e di matrimoni combinati o forzati, col contributo di associazioni islamiche e dei loro dirigenti.

Analogamente, anche nelle carceri da oltre un decennio partecipo a gruppi di studio col personale e coi detenuti che hanno per tema il fenomeno religioso, insieme a cristiani ortodossi, ebrei, musulmani, buddisti... Mi è capitato anche di dirigere un corso di formazione per il personale paramedico di un grande ospedale milanese.

La foresta continua silenziosamente a crescere, incurante del frastuono di un singolo albero che cade sul quale si montano campagne mediatiche spropositate e controproducenti. Se in una scuola ci fossero studenti di fede ebraica talmente numerosi da suggerire di utilizzare un giorno festivo per consentire a loro di celebrarlo convenientemente mi auguro che nessuno ci troverebbe nulla da ridire.

Ma ben oltre a ciò, valorizzare tutte le presenze culturali, linguistiche e religiose che arricchiscono il panorama di una grande metropoli europea come Milano e il suo hinterland potrebbe persino essere l'occasione per tornare a riflettere su riti e precetti ormai decaduti ma non per questo privi di significato, come potrebbero testimoniare genitori e nonni dei ragazzi italiani sollecitati in tal senso. Finiremmo per scoprire che nell'area mediterranea parliamo tutti la stessa lingua: quella vera e propria col suo a, b, c, d, che ha il corrispettivo greco in alfa, beta, gamma, delta, ebraico in aleph, bet, ghimel, dalet e arabo in alif, ba, jim, dal..., ma anche quella di tradizioni, usi, costumi e valori condivisi da millenni che uniscono le diversità invece che contrapporle in uno sterile e minaccioso scontro da cui tutti uscirebbero sconfitti.

2024-03-18T19:14:55Z dg43tfdfdgfd