AUTONOMIA, è LITE TRA ALLEATI. FI: NON C’è FRETTA. MOLINARI (LEGA): I TEMPI VANNO RISPETTATI

Non era imprevedibile. L’Autonomia delle Regioni, la bandiera che i leghisti devono poter sventolare prima delle Europee per contrastare il disamoramento degli elettori, rischia di arrivare tardi. La riforma approda alla Camera il 29 aprile, ma ieri il vicepremier Antonio Tajani ha ribadito che su un tema di questa portata «è importante che il dibattito sia approfondito». Lo aveva detto la stessa premier Meloni: il governo è «lungi dal mettere pressione al Parlamento». Tajani ricorda che la riforma «deve favorire tutta l’Italia». Con un avviso, «vigileremo per questo» e una previsione: «Il voto credo sarà più in là». È vero, dalla maggioranza non è arrivato alcun emendamento (i termini scadevano ieri) ma le opposizioni ne hanno già mitragliati 2400. E gli azzurri Francesco Cannizzaro e Annarita Patriarca ricordano che «gli emendamenti possono anche essere portati in Aula».

Nella Lega suonano i campanelli d’allarme. Luca Zaia la dice così: «Siamo rispettosi dei tempi del Parlamento, però mi dà un pò fastidio sentir dire che bisogna vigilare. Non è che qui qualcuno scappa con la refurtiva». Poi interviene Riccardo Molinari, il capogruppo alla Camera: «C’è un accordo di maggioranza che prevede che l’Autonomia inizi in Aula il 29 aprile. Il provvedimento è stato otto mesi al Senato ed è stato sviscerato e modificato». Con un promemoria: «Abbiamo dato il via libera in commissione sul Premierato al Senato. I patti si rispettano». Dal Pd, Francesco Boccia non lascia cadere la palla: «L’Autonomia della Lega è solo merce di scambio nello scellerato patto con Meloni e FdI che stanno imponendo il premierato in Senato».

Ma nella Lega, le tensioni riguardano anche la candidatura probabile del generale Vannacci. L’interessato dice di non avere «sciolto la riserva». Il malessere nel partito? «Questioni interne che non voglio commentare». Però, dopo la dura presa di posizione del vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio, ieri lo stesso Molinari ha detto di sperare che nelle liste ci sia «una precedenza per i militanti storici e i parlamentari uscenti».

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