SCHLEIN-BONACCINI, FUMATA NERAUN CASO L’EX DIRETTORE DELL’AVVENIRE

Lei non ama lui. Lui non ama lei. Ma lui è il presidente del Pd e lei la segretaria. Quindi, in qualche modo, Elly Schlein e Stefano Bonaccini devono convivere. Ne hanno dato la prova ieri, in un lungo incontro sulle liste per le Europee. In ballo non c’era solo la questione del governatore dell’Emilia Romagna, secondo in lista e non primo. I due hanno discusso anche tutte le suggestioni di Schlein sulle candidature che lasciano perplessi in molti nel Pd. E ancora: sul tappeto ci sono e, a quanto pare, nonostante l’incontro, restano, i nomi di quegli esponenti dell’area Bonaccini che la segretaria vorrebbe «far fuori» in queste Europee.

Il presidente del Pd si presenta all’appuntamento con il fido Davide Baruffi, responsabile Enti Locali del Pd e usa un approccio soft: «Elly tu lo sai, per me l’unità viene prima di tutto. Capisco la tua volontà di aprire il Pd all’esterno, la penso esattamente come te, ma questo non deve e non può trasformarsi in un gioco delle figurine... ce l’ho, ce l’ho, mi manca. Noi, come dice giustamente anche Romano Prodi, dobbiamo pensare a una squadra che sia competitiva nell’Europarlamento, una squadra che sia in grado di fare la differenza, tanto più adesso che la destra riprende fiato in Europa».

La segretaria applica l’infallibile metodo Schlein. Un largo sorriso, e poi dice. «Stefano, è chiaro che se tu vuoi candidarti sarai il capolista...». Ma Bonaccini, questa volta, non può accontentarsi di chiudere un accordo solo per sé. Se lo facesse perderebbe la leadership dell’area che rappresenta. Perciò, nel colloquio con la segretaria, il presidente pd insiste: «Alcuni nomi, alcune suggestioni sono molto interessanti ma dobbiamo sapere qual è l’obiettivo principale, dobbiamo avere una fisionomia di partito, non cogliere fior da fiore. C’è una squadra che ha lavorato bene a Strasburgo, eliminarla sarebbe un errore». Schlein nell’incontro non nasconde i problemi: «So che c’è del malessere nel partito sulle liste». Malessere è dir poco: nemmeno i segretari regionali, nell’incontro che seguirà quello con Bonaccini, chiedono alla leader di candidarsi.

La vicenda delle candidature per le Europee nel Pd ha aperto il vaso di Pandora. L’ipotesi di candidare Ilaria Salis ha lasciato sconcertati i dem, «Dai è uno scherzo», commentava ieri un più che autorevole esponente della minoranza. «Ma no, lei è di Potere al Popolo e quindi a Elly va benissimo», gli rispondeva un compagno di corrente. «Ci stiamo pensando, per farle guadagnare l’immunità parlamentare, ma non è stato deciso niente e non ho capito chi abbia fatto uscire la notizia per bruciarla», ha spiegato Schlein a Bonaccini.

Ma c’è un’altra candidatura che divide il Pd. E tutti credono che la segretaria stia agitando il nome di Salis solo per poi arrivare lì: a Marco Tarquinio, quarto posto nel centro. L’ex direttore di Avvenire divide il Pd a metà, tra chi vorrebbe continuare a seguire la linea Letta sull’Ucraina e chi invece preferirebbe sposare le posizioni di Giuseppe Conte. Sulla sua candidatura il Pd è spaccato. Dice Andrea Orlando: «È da matti mettere in discussione il suo nome». Gli risponde Lia Quartapelle: «Tarquinio? Se il Pd vuole cambiare rotta sull’Ucraina lo dica apertamente». E Lorenzo Guerini avverte: «Il Pd mantenga una linea chiara e intellegibile sull’Ucraina, che è in questo momento la questione delle questioni e non ammette spazi per ambiguità».

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