SCHLEIN: «RAI E SANITà, DESTRA DANNOSA. PRODI LO ASCOLTO SEMPRE, QUESTO NON SIGNIFICA ESSERE D’ACCORDO»

Elly Schlein, non ha più messo il suo nome nel simbolo: colpa delle correnti? « Noi abbiamo approvato in Direzione delle liste meravigliose perché sono aperte a personalità della società civile che per la loro competenza rappresentano le battaglie per l’Europa che vogliamo e nel contempo tengono insieme le migliori energie del partito. È la prima volta che si fanno le liste con un metodo nuovo che archivia il manuale Cencelli. E per tenere il partito unito le abbiamo fatte insieme alla minoranza: non ci sono state scene traumatiche o notti dei lunghi coltelli, sono state approvate all’unanimità».

Però sul suo nome nel logo vi siete divisi. «Io credo che sia positivo che siamo l’unico partito che discute in chiaro: non c’è qualcuno che si chiude in una stanza e decide. Io ho ascoltato il dibattito di questi mesi sulla mia candidatura, ho ascoltato quello sulla proposta del simbolo. E mi è sembrato che il modo migliore per rafforzare questa squadra e spingere il partito più in alto fosse quello di correre anche io, mentre l’altra proposta mi è parsa divisiva e l’ho accantonata. Io ascolto sempre e poi da segretaria mi prendo la responsabilità di fare le scelte che ritengo più utili ed efficaci per questo progetto collettivo».

Prodi le ha fatto dei rilievi... « Io Prodi lo ascolto sempre. Sin da quando gli portammo la maglietta “Siamo più di 101” è un punto di riferimento importante per me. Ciò non vuol dire che io debba essere sempre d’accordo con lui e credo che sia meglio così rispetto ai tempi in cui tutti fingevano di ascoltare per poi pugnalare alle spalle».

In Basilicata avete perso. Non sarebbe stato meglio allargare la coalizione a Calenda? «Vorrei essere chiara: il Pd non ha mai messo veti, ha sempre lavorato per allargare il più possibile il campo delle forze alternative a questa maggioranza. Il punto, però, è che non possiamo essere soltanto noi a sentire la responsabilità di costruire questa alternativa. E a chi, come Renzi o Calenda, oggi ci attacca vorrei dire: lo so che è faticoso costruire un’alternativa alla destra, ma non è che la soluzione è andare direttamente con la destra».

E a Conte che dice? «Ai 5 Stelle vorrei far notare che il loro risultato dimostra che il problema per il loro elettorato non è la presenza di altri nella coalizione, che è stato il motivo dell’irrigidimento. E a tutti chiedo di smetterla con i veti incrociati perché continuo a pensare che uniti si possa vincere. Ma vorrei aggiungere una cosa sul Pd: in 13 dei 17 capoluoghi in cui si è votato lo scorso anno noi siamo il primo partito. E lo siamo anche in Sardegna. E pure dove perdiamo, come in Abruzzo e in Basilicata, quasi raddoppiamo i consensi. Il nostro sforzo unitario ci rafforza».

Il Pd ha contestato il Def senza indicazioni. «Sì, il messaggio di Meloni è molto chiaro: la verità ve la diciamo dopo le Europee. Noi ci aspettiamo che questo governo prosegua con i tagli alla sanità pubblica, alle pensioni, al sociale, e con la totale assenza di una politica industriale. Sono lì da un anno e mezzo e hanno dimostrato di non avere uno straccio di piano industriale per guidare la conversione ecologica e la transizione digitale».

Ritiene che la destra sia pericolosa? «Già adesso questa destra è estremamente dannosa. Basta chiederlo a quei 4 milioni di italiani che secondo la fondazione Gimbe hanno dovuto rinunciare in parte alle cure perche non se le possono permettere. E il governo che fa? Taglia la sanità. È dannosa per quei 3 milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori poveri a cui non dà il salario minimo che c’è in quasi tutti i Paesi europei. Per non parlare del fatto che noi abbiamo un’emergenza abitativa in Italia e il ministro che sta lì da un anno e mezzo non ha fatto nulla, anzi una cosa l’ha fatta: non confermare 330 milioni di euro di fondo per l’affitto».

Che cosa pensa della vicenda Scurati? «È gravissima. La Rai così non è più un servizio pubblico ma si trasforma in un megafono del governo. Abbiamo già visto questo tipo di scivolamento in altri Paesi europei: attacchi alla libertà di stampa, agli intellettuali, ai magistrati, al dissenso... Hanno già cominciato la campagna ungherese».

Vi siete astenuti sul Patto di stabilità, ma in Commissione c’è il «vostro» Gentiloni... «Abbiamo deciso di astenerci perché riteniamo che il testo negoziato dal governo sia fortemente peggiorativo rispetto alla proposta iniziale della commissione e di Gentiloni, che ringraziamo per il ruolo impegnativo che ha ricoperto in questi anni. Il governo ha accettato a testa bassa un compromesso fatto da altri che per l’Italia è dannoso perché diversamente dalla proposta Gentiloni reintroduce dei rigidi parametri sul deficit e il debito. Ma la cosa veramente surreale è che le stesse forze di maggioranza si siano astenute sfiduciando, di fatto, il governo».

Ma che Europa vuole il Pd? «Un’Europa più sociale, come quella che ha insistito per il salario minimo, che si batte per cancellare gli stage gratuiti. Un’Europa della salute e infatti una delle nostre proposte riguarda l’istituzione di un centro europeo comune sui vaccini e i farmaci salvavita che vanno sottratti alla logica del mercato e del profitto. Un’Europa più verde che aumenti gli investimenti comuni su questo fronte perché l’attuale bilancio europeo vale l’1 per cento del Pil comune ed è troppo poco. Un’Europa più giusta, un’Europa dei diritti e della solidarietà. Un’Europa con una voce sola sulla politica estera e la sicurezza, ricordandosi che l’Europa è un progetto di pace e per la pace e la difesa comune non si fa con un nuovo commissario senza reali poteri, né con un’economia di guerra come è stato proposto da Michel, magari pensando di aumentare le spese militari di tutti i Paesi europei».

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