RICCARDO PATRESE COMPIE 70 ANNI: «AVREI DOVUTO SOSTITUIRE SENNA, DISSI NO A WILLIAMS: NON SI SFIDA IL DESTINO»

«Il tempo è volato e non mi sento addosso questo tipo di età: mi reputo ancora giovane e oggi corro... dietro ai figli». Settant’anni, una storia da rivisitare . Papà era commerciante, mamma voleva che si laureasse. Ma Riccardo Patrese ha scelto i motori.

«Con il trasferimento da Padova a Badia Polesine mio padre liquidò le attività che erano state il business di famiglia. Quanto agli studi, mi iscrissi a Scienze Politiche per non deludere mia madre, ma l’approdo in F1 chiuse ogni discorso. La laurea l’avrei presa volentieri, però la verità è che ho lo sport nel Dna: sciavo, nuotavo alla Rari Nantes Padova, dove trovavo Novella Calligaris, ed ero bravo. Ma il nuoto era in conflitto con il kart e lo lasciai».

In F1 256 partenze, 37 podi, 6 vittorie. Ma il titolo l’ha solo sfiorato. «Mi manca. Ripenso alla chimera Ferrari e al Mondiale vinto da Nelson Piquet con la Brabham: il suo posto l’avevano offerto prima a me e nel 1981 forse avrei vinto. E magari pure nel 1980, se non fossi finito alla Arrows. Nel 1983, invece, ho perso io la chance andando a sbattere a Imola: assieme a Nelson ero in lizza per il ruolo di anti-Prost».

Resta l’ultimo italiano che si è avvicinato al Mondiale di F1: i nostri ultimi campioni sono Nino Farina e Alberto Ascari. «Era un’altra epoca: nella F1 moderna, è vero, sono stato quello arrivato più lontano di tutti. Un nome per il futuro? Kimi Antonelli, Toto Wolff e la Mercedes hanno visto giusto».

La Ferrari mai guidata è un rimpianto? «Il rimpianto è quando ti suggeriscono di fare una cosa, o ti obbligano, ottieni poco e dici “ah, se avessi agito di testa mia...”. Però nessuno mi ha mai costretto, ho sempre scelto io. La Ferrari? Se l’avessi guidata avrei avuto una storia diversa: Enzo Ferrari, del quale mi onoro di essere stato amico, mi fece l’offerta all’inizio della carriera. Poi nel 1978 Villeneuve vinse l’ultimo Gp e lui non volle sostituirlo. Per tre anni ho sperato, infine presero Pironi e non ci pensai più. Non è un rimpianto,è un’occasione che non si è avverata».

In compenso ha corso per Bernie Ecclestone e Frank Williams. «Ecclestone è sempre stato vicino a me, Frank mi voleva già dai tempi della Shadow. I giochi della vita: passai alla Arrows vincendo il ballottaggio con Alan Jones, che andò alla Williams e nel 1980 conquistò il titolo...».

L’incidente di Monza fatale a Ronnie Peterson, le accuse, il processo. «Se la presero con me per proteggere James Hunt. Mi ha ferito la posizione di Arturo Merzario: mi accusò ingiustamente. In quel processo tanti spararono ca.., fu un sollievo esserne uscito bene dopo che erano stati chiesti tre anni di galera».

Hunt ha continuato ad accusarla. «E io gli ho rifilato un “vaffa” definitivo».

Ha mai avuto paura di morire in gara? «Mai. Però mi ha segnato la disgrazia di Ayrton Senna, anche se con la F1 avevo smesso».

Non per la tragedia di Elio De Angelis? In quel test avrebbe dovuto guidare lei... «Ero amareggiato per Elio, ma mi fecero risalire subito in auto e questo mi ha aiutato. Dopo la morte di Ayrton, Williams mi offrì il posto. Alla fine rinunciai: mi pareva di sfidare il destino».

Alla Benetton ha «allevato» Michael Schumacher? «Sì, nel senso che Michael è stato sveglio a tenere le orecchie aperte: ero da 17 anni in F1 e qualche segreto l’avevo. Il suo terribile incidente sugli sci del 2013? Spiega che non sai mai che cosa può accadere nei prossimi cinque minuti».

La Ferrari fa bene, nel 2025, a lasciare Sainz per Hamilton? «Lewis darà un’ulteriore scossa a una squadra in crescita ma che deve ancora lavorare tanto. Peraltro, ritengo la coppia Leclerc-Sainz superiore a quella formata da Verstappen e Perez, anche se Max è un “martello pneumatico”. Fossi nella Ferrari, comunque, farei carte false per ingaggiare il mio amico Adrian Newey: fui il primo a vincere con una sua macchina».

In famiglia, grazie alle figlie maggiori, è passato dai cavalli motore ai... cavalli. «Le ragazze mi hanno fatto scoprire un animale straordinario. E Andrea Olmi, figlio del grande regista Ermanno, mi ha introdotto all’etologia del cavallo».

Suo figlio Lorenzo è a sua volta pilota. E va forte. «Ma non lo vedrete in F1, lì servono budget pazzeschi. La tradizione di famiglia prosegue con le auto a ruote coperte, magari un giorno Lorenzo potrà sognare di vincere a Le Mans con la Ferrari».

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